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Tribunale

Tutte le falsificazioni storiche svelate da Mieli

"Il tribunale della storia" (Rizzoli), il nuovo libro di Paolo Mieli, letto da Tullio Fazzolari

 

Enea non era l’eroe leggendario esaltato da Virgilio ma un traditore che forse aveva concordato con gli achei la possibilità di fuggire da Troia. E Fidel Castro? Dittatore marxista però rigorosamente cattolico come formazione culturale tanto che, quando da giovane rivoluzionario venne processato dopo il fallito assalto alla caserma Moncada, la sua arringa difensiva venne paragonata al “discorso di un focoso gesuita”. Bastano questi due esempi per rendersi conto che la storia, così come è stata raccontata finora, abbonda spesso di verità non dette o di menzogne. E allora tocca rileggerla e riscriverla con occhi più attenti.

Il nuovo libro di Paolo Mieli (Il tribunale della storia. Processo alle falsificazioni, Rizzoli, 308 pagine, 18 euro) va esattamente in questa direzione. Verità che sembravano inossidabili si rivelano mistificazioni. Sentenze che parevano inappellabili sono da rivedere. Con rigore da storico e stile giornalistico Mieli riesce a spaziare con agilità dall’antica Grecia al XX secolo. E puntualmente ogni storia è trattata come se fosse un caso giudiziario da riesaminare. Non per emettere nuove e probabilmente inutili sentenze ma per cercare di ristabilire la verità.

S’è detto poc’anzi di Enea e di Castro, scelti come incipit dal recensore soprattutto per incuriosire i lettori. Ma gli approfondimenti di Mieli toccano molte altre pagine importanti della storia. C’è la politica vera e propria ripercorrendo la strategia politica di Palmiro Togliatti nell’immediato dopoguerra. Ci sono le manovre incerte e maldestre di Vittorio Emanuele III negli ultimi giorni del regime fascista e quelle malriuscite di personaggi contraddittori che si proponevano come mediatori fra Mussolini e gli antifascisti. Compaiono storie tragiche come quella di Stella del ghetto, collaboratrice dei nazisti. Con un salto nel passato si rivede il giudizio su Napoleone: sconfitto ed esiliato ma sotto molti aspetti vincitore morale. E tanti altri argomenti come l’idealizzazione del brigantaggio o il declino dell’impero coloniale spagnolo.

Di fatto “Il tribunale della storia” di Mieli è soprattutto un tribunale del riesame per smontare ogni genere di falsificazione. Si può definire quest’approccio revisionismo storico. Ma attenzione a non dare a tale etichetta la valenza negativa che alcuni, per superficialità o malafede, hanno cercato di attribuire per anni quasi fosse una sorta di eresia. Revisionismo è più semplicemente una ricerca continua della verità, finora ignorata o addirittura nascosta. E sicuramente un metodo che dà fastidio a chi, anche fra gli storici di professione, preferisce procedere a suon di dogmi. Mieli sta sicuramente dall’altra parte, quella giusta. Per carattere e formazione culturale non è tipo da lasciarsi intimidire dal cosiddetto pensiero dominante. Esattamente quello che serve per inaugurare un tribunale della storia “riunito in seduta permanente”. Senza limiti e senza pregiudizi.

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