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Il Salvini che la sinistra non vede

Che cosa cela l'apprezzamento a sorpresa dell'intellettuale di sinistra Claudio Velardi per una mossa del ministro Matteo Salvini. La nota di Paola Sacchi

Ieri a Matteo Salvini, leader della Lega, vicepremier, ministro delle Infrastrutture e Trasporti, è arrivato su Twitter un complimento un po’ a sorpresa. Era di Claudio Velardi, ex “lothar” dalemiano, tanti anni fa capo dello staff di Massimo D’Alema a Palazzo Chigi. Imprenditore della comunicazione, non certo un leghista, o di centrodestra, opinionista riformista di una sinistra che non c’è, Velardi forse è il meno ideologico degli ex Pci, che è andato oltre i muri del suo partito d’origine. Un’estate fa inutilmente nella sua rubrica quotidiana sui social durante la campagna elettorale per le Politiche cercava di invitare i suoi ex compagni a prendere la vittoria del centrodestra trainato da Giorgia Meloni, già accreditata da tutti I sondaggi, non come un dramma, ma con la stessa filosofia con cui il centrodestra aveva sempre reagito alle sconfitte. Giorni fa dopo l’ennesima secca sconfitta dell’alleanza giallo-rossa in Molise ha postato impietoso: “Campo largo, Campobasso, camposanto”. Ieri, di fronte all’impegno quotidiano e con dovizia di informazioni quasi minuto per minuto da parte dello staff di Salvini al Mit, Velardi ha twittato: “Dal 10 luglio collegamenti diretti in treno tra Napoli e Bari. Dopo decenni di attese, un passo avanti importante per l’infrastrutturazione del Sud. Non sono un fan di @matteosalvinimi, ma gli va detto bravo”.

Ecco, su Salvini si possono avere idee diverse e discordanti, ma è un fatto che da quando è ministro del Mit ce la stia mettendo proprio tutta per essere quel ministro del “fare” per sbloccare e avviare opere in un Paese per decenni rimasto bloccato da quei “No” ideologici di una vetero sinistra ora in coppia con i 5 Stelle. Quei No contro i quali Salvini va avanti, come un treno, a partire dal nuovo codice degli Appalti. Con il traguardo internazionale del Ponte sullo Stretto, che Salvini spesso paragona all’impresa dell’Autostrada del Sole, quegli oltre 700 chilometri di “Strada dritta”, avversati dalla sinistra, ad eccezione di qualche intelligente e pragmatico amministratore locale del Pci, anche allora, che si unì sotto traccia all’impresa della Dc e i suoi alleati. Il plastico dell’A1, realizzata in soli 8 anni, fu esposto, cosa che nessuno quasi ricorda più, come esempio, al Museo di Arte Moderna di New York.

Salvini è il capo di quella Lega nazionale che staccò la spina al Conte/1 di cui era vicepremier e ministro dell’Interno proprio sul No grillino alla Tav. Sono stati fatti retroscena a gogò sul cosiddetto Papeete, a Salvini sono state dette di ogni. A prescindere dal fatto che il discorso sui cosiddetti “pieni poteri” venne fatto in un comizio a Pescara in quei giorni e non sulla spiaggia. Ma, al di là della vulgata e dei retroscena di comodo per pezzi di colore, l’incompatibilità sul tema cruciale della crescita e dello sviluppo, dello sblocco delle opere pubbliche è stata e rimane la vera, inconciliabile discriminante tra la Lega e i pentastellati. Salvini, che, sempre stando ai retroscena avrebbe dovuto lasciare la leadership della Lega già dal “famigerato” Papeete, continua ad essere ben saldo alla guida del suo partito. Ha recentemente vinto anche i congressi in quel Veneto che a ogni pie’ sospinto gli accreditavano contro, con tanto di presunti sfidanti interni. Ha presentato, intanto, il nuovo Codice della strada, in equilibrio tra aspetto repressivo e educativo, con una campagna di giovani influencer ricevuti al Ministero. No ha i numeri delle Europee del 2019, ma tiene un passo costante e tenace.

Ora certo opinionismo gli rimprovera di essere troppo tecnico e troppo poco politico. Mentre prima sarebbe stato troppo politico e social sopra le righe. Comunque sia, non andrebbe mai bene, secondo l’eterno gioco sinistro della demonizzazione dell’avversario politico. Poi, però ci sono i fatti. Sui quali onestamente un opinionista di sinistra riformista, come Velardi, si è imbattuto. Anche se naturalmente il giudizio di Velardi resta circoscritto a un singolo pur importante fatto.

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