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Giorgetti

Il regalino di Draghi a Meloni

L’ultimo atto di Draghi e il governo Meloni in fieri visti da Francesco Damato   Distratti, diciamo così, dai problemi creati a Roma da Silvio Berlusconi a Giorgia Meloni nell’ultimo tratto della lunga corsa a Palazzo Chigi, fra tregue violate, precisazioni, smentite e rischi reali o immaginari di chissà quali altre sorprese a incarico già…

 

Distratti, diciamo così, dai problemi creati a Roma da Silvio Berlusconi a Giorgia Meloni nell’ultimo tratto della lunga corsa a Palazzo Chigi, fra tregue violate, precisazioni, smentite e rischi reali o immaginari di chissà quali altre sorprese a incarico già conferito alla giovane leader della destra italiana per la formazione del nuovo governo, rischiamo di non valutare abbastanza o, addirittura, di non accorgerci dell’ultimo regalo che Mario Draghi ha fatto a chi gli sta per succedere: quasi una prenotazione della cerimonia dello scambio delle consegne attraverso la campanella d’argento del Consiglio dei Ministri.

Questa non è Europa, hanno fatto dire a Draghi da Bruxelles con una sguardo fulminante e senza neppure le virgolette in un titolo vistoso e per niente forzato Il Giorno, la Nazione e il Resto del Carlino. Alle virgolette è invece ricorso Il Messaggero riproducendo la protesta di Draghi contro l’ennesima resistenza opposta dalla Germania e subordinati nel Consiglio Europeo alla fissazione di un prezzo del gas: “Senza il tetto vince Putin”, aveva avvertito Draghi prima di obbligare i tedeschi ad un altro compromesso, nella speranza che si finisca prima o poi di finanziare la guerra russa all’Ucraina, condotta da Mosca anche con l’uso speculativo del mercato energetico.

Su questa analisi e, insieme, denuncia Draghi si è nuovamente trovato d’accordo col presidente francese Emmanuel Macron in arrivo a Roma per una visita ufficiale che potrebbe anche segnare l’esordio a Palazzo Chigi di Giorgia Meloni: sì, proprio lei, quella che in campagna elettorale aveva gridato in piazza a Milano, facendo forse alzare a Roma le sopracciglia allo stesso Draghi, che doveva finire “la pacchia” di una Unione Europea a trazione sostanzialmente tedesca.

Il caso -ma solo quello?- ha voluto che l’esperienza di Draghi a Palazzo Chigi e la staffetta con Giorgia Meloni fossero a sorpresa convergenti -con la ciliegina sulla torta costituita, ripeto, dalla visita di Macron a Roma- in una valutazione così preoccupata sulla situazione in cui si trova l’Unione Europea alle prese con la guerra di Putin all’Ucraina.

Proprio nel momento in cui molti a sinistra, ma anche al centro, per esempio dalle colonne del Foglio sino a certe interviste del senatore a vita ed ex presidente del Consiglio Mario Monti, attendono Giorgia Meloni alla prova di una capacità realistica, o camaleontica, di contraddire nell’azione di governo il programma elettorale suo e della coalizione di centrodestra, la premier in pectore si ritrova sulla stessa traiettoria di europeisti come Draghi e Macron. E Berlusconi -poveretto, verrebbe da dire- si era offerto, proposto e quant’altro come “garante” della Meloni in Europa, pronto a indebolirla contestandone via via scelte, tendenze, tentazioni nel solito mercato delle vacche costituito, alla vigilia della formazione di un governo, dalle trattative sulla distribuzione dei Ministeri.

Ma non è solo Berlusconi, a dire la verità, a trovarsi spiazzato di fronte a ciò che sta avvenendo a livello europeo. Lo sono pure gli inglesi del supponente Economist, per esempio, che hanno in qualche modo accomunato negativamente la Meloni in arrivo a Palazzo Chigi, a Roma, e la conservatrice Liz Truss appena schiantatasi in una quarantina di giorni contro le pareti di Downing Street 10 a Londra. Anche Piero Sansonetti sul suo Riformista si è forse fatto prendere troppo la mano titolando su “Giorgia” costretta o comunque destinata a “tremare” di fronte al fallimento della “Meloni inglese”: dichiaratamente conservatrici entrambe, ma la Truss fuori anche dall’Unione Europea e l’altra invece ben dentro, che può riconoscersi e contare su europeisti come Draghi e Macron.

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