skip to Main Content

Il programma per l’Italia scritto da Papa Francesco e da Draghi

L'intervento di Paolo Longobardi, presidente onorario di Unimpresa

L’asse sul quale deve poggiare il futuro del Paese è quello costruito con lucidità e indiscutibile capacità di visione, venerdì 14 maggio, da Papa Francesco e da Mario Draghi. In occasione degli Stati Generali della Natalità, a Roma, il Pontefice e il Presidente del consiglio italiano hanno gettato solide basi per dare speranza agli italiani: pur parlando da angolazioni inevitabilmente differenti, hanno condiviso sia l’analisi dei problemi sia le soluzioni per affrontarli e risolverli definitivamente. Nei nostri confini – questa la linea di fondo dei due autorevoli discorsi – devono nascere più bambine e bambini: un obiettivo da raggiungere con una imponente, strutturata riforma del sistema di welfare e sussidi vari oltre che dei servizi. La consonanza di veduta del Papa e del premier su temi epocali è importante.

La pandemia da Covid ha aggravato una tendenza in atto da decenni, portandoci, nel 2020, al punto più basso per quanto riguarda i nuovi nati, dal Secondo dopoguerra: negli anni 50 i nuovi nati erano 1 milione, l’anno scorso poco più di 400.000. Quest’anno, secondo le stime preliminari dell’Istat, resteremo sotto questa soglia: una vera e propria tragedia della natalità. L’Italia, in estrema sintesi, è un Paese senza più figli e, in assenza di una significativa inversione di tendenza del tasso di natalità, la nostra cultura, i nostri valori, la nostra storia e le nostre tradizioni sono destinate, lentamente, a sparire. Ne va anche del made in Italy che non è soltanto un marchio di fabbrica.

Il nostro Paese è all’ultimo posto per numero di nascite fra i grandi d’Europa. Facciamo i conti – e non a cagione della crisi sanitaria – con un sistema di welfare assai debole, non adeguato alle esigenze di una economia e di una civiltà moderna, che deve assicurare sostegni economici e servizi per favorire le nascite, lo sviluppo delle famiglie e la crescita della popolazione in un contesto di benessere il più diffuso e ampio possibile. E, invece, non va dimenticato, come calcolato dal nostro Centro studi, che quasi 10 milioni di italiani sono a rischio povertà: una cifra spaventosa. Abbiamo fatto emergere un problema che è uno degli elementi chiave per spiegare anche le ragioni della natalità sempre più bassa: il lavoro precario o assente e le retribuzioni basse, quindi l’incertezza per il futuro e l’impossibilità di programmare.

Le famiglie sono una delle principali ricchezze su cui investire e i giovani, forse, hanno smarrito il senso di questa “bellezza”. Uno smarrimento legato anche a un sistema politico ed economico che non favoriscono lo sviluppo della famiglia, che non rappresentano un incentivo per far nascere nuove cittadine e nuovi cittadini. Manca soprattutto il lavoro sia per le donne (future madri) sia per gli uomini (futuri padri). E le donne, in particolare, meritano maggior attenzione, più protezioni e più risorse economiche: non devono esserci i presupposti per penalizzazioni di genere.

Creare una famiglia e avere figli è diventato – nella percezione comune, ma anche nei fatti – per certi versi, un lusso.  Ed è questo il principale problema, che va affrontato con determinazione e, come detto, con grande lungimiranza. Lavoro per i giovani e welfare per le famiglie sono le due stelle polari a cui il governo deve costantemente guardare nell’azione quotidiana. Questo esecutivo ha la fortuna di avere una maggioranza assai larga, una delle più ampie, sia numericamente sia politicamente, della storia parlamentare italiana. È un fattore fondamentale per poter varare riforme incisive, è un’occasione che non va sprecata per assicurare la ripresa demografica che, forse, è la sfida più grande davanti a noi, per le nuove generazioni.

Una famiglia richiede una importante capacità di programmazione, sotto tanti punti di vista. Quella programmazione ultradecennale che deve ispirare, quindi, anche l’attività del governo Draghi: si tratta di coraggio, di strategia acuta, di compiere scelte a basso consenso politico, ma ad alto valore aggiunto per il futuro di tutti. Occorre investire sul lavoro, sui servizi, sulle strutture e definire politiche di welfare ben più consistenti degli assegni familiari di oggi, più o meno “unici”. Per ogni figlia e per ogni figlio, senza distinzione alcuna, lo Stato deve fare la sua parte, certo che il “ritorno” di lungo periodo sarà positivo e concreto.

 

 

Back To Top