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Il narcisismo (non solo) di Matteo Salvini

Il Bloc Notes di Michele Magno

 

Alzi la mano chi conosce un leader politico che non sia un po’ narcisista. E poi, siamo proprio sicuri che dare del narcisista a qualcuno sia un insulto feroce? Cominciamo col dire che il narcisismo non è un vizio riprovevole, ossia una condotta contraria a norme etiche. Il narcisista non coincide, ad esempio, con l’egoista divorato dal demone dell’ambizione, con il megalomane affetto da “libido dominandi”. Non corrisponde né ai personaggi rinascimentali delle tragedie di William Shakespeare; né a zio Paperone, l’arpagone americano smanioso di accumulare ricchezze in preda alla “libido possidendi”; né a don Giovanni, perennemente in cerca di conquiste femminili per celebrare i misteri dell’eros. È vero che l’assillo per l’apparire accomuna il narcisista al vanitoso. Ma si tratta di una somiglianza superficiale.

Gli stessi teorici della psicoanalisi, a partire da Freud, hanno constatato che in determinate epoche molte delle condizioni e dei sintomi psichici da essi messi in luce si sono generalizzati, assumendo una dimensione collettiva, un rilievo storico e una valenza culturale. Cosa che si è verificata anche con il narcisismo. Sebbene l’identità narcisistica non sia stata l’unico tipo psicologico presente nelle società occidentali, nondimeno è parsa sufficientemente diffusa ed estesa da venire associata alla “società affluente” (per primo da Herbert Marcuse in “Eros e civiltà”, 1955).

Ebbene, Salvini (come Renzi, Grillo e Berlusconi) è sicuramente un narcisista. E con ciò? Non dovrebbero interessare di più le sue capacità di governo? Tra i tanti guai di cui soffre l’Italia, c’è anche quello di fare lotta politica con argomenti tratti dai Bignami della psicologia, invece che con critiche razionali e proposte sensate. E meno male che siamo il Paese di Machiavelli…

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