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Foglio

Il Foglio coccola troppo il Pd di Schlein?

Siamo proprio sicuri - come scrive Giuliano Ferrara del Foglio - che ci sia una condivisione di intenti anti Russia da parte del Pd di Schlein con il governo Meloni? I Graffi di Damato.

Presi tutti a “chiacchierare” – ha recentemente protestato sul suo Foglio Giuliano Ferrara – “del pacchiano caso Santanchè”, cui si è aggiunta l’incriminazione coatta del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro per rivelazione di segreto d’ufficio negata dal suo ministro Carlo Nordio, ci sarebbe sfuggita la maggiore e confortevole realtà della politica italiana.

Ci sarà pure al governo – ci ha spiegato il fondatore del Foglio – una coalizione di destra-centro e non più di centrodestra, ci sarà pure un “bipolarismo imperfetto”, di cui il secondo polo, quello d’opposizione, vive in una confusione maggiore e peggiore dell’altro, ma grazie ai problemi internazionali che ci sovrastano con la guerra in Ucraina avremmo il vantaggio – un enorme vantaggio – di vivere all’ombra di una forte “maggioranza contro Putin”. Che comprende “Meloni e il Pd”, anche se l’una e l’altro “non osano dirselo”, con l’aggiunta di una Forza Italia presumibilmente più credibile o tranquilla, nonostante le apparenze, dopo la morte di Silvio Berlusconi. Il quale, pur ignorato stavolta da Ferrara, sulla guerra in Ucraina e sulle responsabilità di Putin non aveva proprio le stesse idee maturate dalla Meloni man mano che scalava Palazzo Chigi già dall’opposizione.

LE CONCESSIONI AL PD DI SCHLEIN DEL FOGLIO DI FERRARA

Ma oltre a ignorare – questa volta, ripeto – il compianto ex presidente del Consiglio, del cui primo governo egli fu il ministro per i rapporti col Parlamento, Ferrara ha generosamente concesso al “Pd di Elly Schlein” – ha scritto – una continuità praticamente illimitata rispetto al Pd di Enrico Letta. Per il quale alla vigilia delle scorse elezioni politiche Giulianone annunciò con franchezza e vanto di avere deciso di votare, consigliando praticamente ai suoi lettori di votarlo anche loro, reduce com’era quel Pd dalla partecipazione ad un governo presieduto da Maro Draghi. Di cui è rimasta memorabile la foto col presidente francese e il cancelliere tedesco in viaggio ferroviario e solidale verso l’Ucraina invasa dai russi.

SCHLEIN E L’UCRAINA

Sì, so bene che la Schlein, salvo qualche dissidenza esplosa nei suoi gruppi parlamentari a Roma e a Strasburgo, non si è o non si è ancora pronunciata contro la prosecuzione degli aiuti militari italiani all’Ucraina, anche a costo di deludere quel Giuseppe Conte che insegue un po’ dappertutto, fra piazze, bar e convegni, sperando di ripristinare prima o poi i rapporti di alleanza con i grillini interrotti dal suo predecessore al Nazareno dopo che lo stesso Conte in persona aveva deciso di staccare la spina a Draghi. Il quale reagì preferendo col presidente della Repubblica Sergio Mattarella le elezioni anticipate a qualsiasi tentativo di pur breve sopravvivenza almeno in apparenza reclamata dai forzisti che, per ritorsione contro la sua indisponibilità, smontarono anche la presa di corrente da cui Conte aveva staccato la spina.

Sbaglierò nel mio pessimismo della ragione, o del sospetto, opposto all’ottimismo mai come questa volta gramsciano di Giuliano Ferrara, ma il rapporto della Schlein con la fermezza antiputiniana mi sembra sostanzialmente simile a quello assunto sempre da lei di fronte al ricorso al termovalorizzatore nella Roma sommersa dai rifiuti deciso dal sindaco piddino della Capitale Roberto Gualtieri quando al Nazareno c’era ancora Enrico Letta. E a Palazzo Chigi il già ricordato Draghi, che ne aveva posto le premesse in una norma voluta e passata nonostante le proteste e le minacce di Conte, che ne fece una ragione allora addirittura superiore a quella degli aiuti militari all’Ucraina per avviarsi o procedere più speditamente sulla strada della crisi.

È una decisione “ereditata”, ha detto la Schlein del termovalorizzatore a Roma quasi scusandosene con Conte. Un po’ come – ripeto – la decisione di aiutare militarmente l’Ucraina, anche a costo di prolungare una guerra dolorosa come tutte le guerre che quel popolo indomito -altro che “nazificato”, come sostiene Putin- si vanta di affrontare rischiando solo la propria vita, senza compromettere quella dei popoli e dei governi che lo aiutano.

Una “maggioranza ombra contro Putin” come quella vantata da Ferrara sul Foglio, e contrapposta al “bipolarismo imperfetto” da esportare in Europa attorno al quale perderebbe il suo tempo la cronaca politica, a me sembra piuttosto -a causa delle nebbie arrivate o aumentate nel Pd con l’elezione della Schlein a segretaria- un’ombra di maggioranza. È un po’ come il dilemma che pone ormai anche in Inghilterra, dove nacque la formula o l’istituto, l’annuncio della formazione di un governo ombra. Che si rivela nei fatti solo l’ombra di un governo. E con le ombre dal fascino perverso non si va mai molto lontano.

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