La politica in vacanza, anch’essa sotto l’ombrellone, ora che le Camere hanno smaltito gli arretrati, o ne hanno rinviato la gestione all’autunno, è quanto di più illusorio si possa annunciare. La politica e le sue propaggini, o origini, informative continuano inesorabilmente a lavorare, diventando magari ancora più fantasiose del solito. Supplendo appunto l’immaginazione a ciò che potrebbe mancare per motivi stagionali.
Ne ha dato un esempio ieri un giornale quasi di nicchia, come si dice nel nostro ambiente per la sua limitata diffusione nelle edicole, peraltro sempre meno numerose, ma di buona risonanza come Il Foglio. Al cui direttore Claudio Cerasa deve essere sfuggito il piede non so se più sulla frizione o sull’acceleratore facendo del dichiarato “pettegolezzo” su un argomento non da poco come quello delle elezioni americane e di ciò che si aspetta la premier italiana. O comunque le conviene.
“Tra i meravigliosi pettegolezzi estivi che animano da giorni i sonnolenti palazzi della politica – ha scritto testualmente Cerasa – ce n’è uno che riguarda una convinzione profonda maturata dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Una convinzione non virgolettabile, come si dice, neppure attribuibile, neppure confessabile ma che spiega bene qual è il bivio internazionale di fronte al quale si trova il capo del governo italiano: che fare con Donald Trump?”.
Il dichiaratamente “non virgolettabile”, e quindi non dimostrabile, sarebbe la propensione della Meloni per una vittoria di Kamala Harris, la vice presidente uscente, sull’ex presidente ma nuovamente aspirante Trump nella corsa alla Casa Bianca.
Sentite, anzi, rileggete con me invece il virgolettato della Meloni, comprensivo di maiuscole, minuscole e punteggiature, in una intervista al settimanale mondadoriano Chi uscito ieri ma noto già il giorno prima al Foglio che ne aveva anticipato una parte: “Tutti sanno che sono presidente dei Conservatori europei, e che tra i partiti esterni all’Europa che aderiscono ai conservatori ci sono anche i repubblicani americani, quindi le mie preferenze sono note”. Cioè sono per Trump, il candidato dei repubblicani. Non c’è pettegolezzo che possa smentire una così chiara preferenza, ripeto, della Meloni per Trump.
È una “preferenza”, quella della Meloni per l’ex presidente di nuovo in corsa, e aiutato paradossalmente anche dal cecchino che lo ha mancato di qualche millimetro, completata ma non smentita dalla successiva precisazione della premier: “Questo però non mi ha impedito di lavorare bene con l’amministrazione democratica di Biden perché tra grandi Nazioni alleate i rapporti non cambiano con il mutare dei governi. Saranno gli americani a scegliere”. E se sarà eletta invece Kamala Harris la premier italiana saprà o vorrà andare d’accordo anche con lei, pur se “non la conosco”, ha avvertito lei stessa, pur essendo da quasi due anni la prima alla Casa Bianca, con Biden, e l’altra a Palazzo Chigi. Capito, Cerasa?