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Fontana scuola

Il festival degli egoismi

Il post di Diana Zuncheddu

Per un caso strano, sfortunato ma anche a suo modo bello, nell’ultima settimana ho visto più tv di quanta ne abbia mai vista in vita mia.

A ogni tg, e a ogni trasmissione di approfondimento, e anche forse in quelle che non lo sono, c’è qualcuno che si lamenta.

I baristi perché loro hanno rispettato le regole eppure devono chiudere presto, i ristoratori, i concertisti, gli attori e i produttori, e i proprietari di cinema e di palestre, e anche di piscine: devono chiudere tutti e sono tutti imbufaliti, e chi ce l’ha col governo e chi con il Padreterno, ma non lo dicono, e gli ultimi in ordine di tempo sono gli anziani, perché qualcuno ha detto devono stare rinchiusi loro, invece che un intero paese, e qualcun altro ha scritto che non sono produttivi, ma poi era stato il social media manager a scriverlo, e quindi una signora settantenne coi capelli bianchi completamente, non grigi, bianchi, ha detto al tiggì che lei ha 70 anni e lavora, sì sono avvocato, e non ci penso nemmeno di stare chiusa in casa.

Anche io ho molto criticato il presidente della regione dove vivo, la Lombardia, perché ha chiuso i licei ancora prima che il governo lo chiedesse. Lo ho criticato perché ha usato l’estrema ratio prima di aver esaurito tutte le altre, perché non ha aumentato i mezzi pubblici, perché non ha obbligato le scuole a scaglionare gli ingressi. E quando discutevo con una mamma di un compagno quindicenne di mio figlio, perché trovavo ingiusto che la scuola non organizzasse almeno una volta a settimana un’occasione per guardare questi quindicenni in faccia, lei mi ha detto: siamo in guerra, lo capisci? E dobbiamo fare dei sacrifici tutti. Anche i nostri quindicenni.

Ho pensato che no, non siamo in guerra, ma sì, i sacrifici sono chiesti proprio a tutti, eppure considererei la mia società più giusta se cominciasse a far fare sacrifici agli altri, lasciando i minorenni per ultimi, ad esempio.

Non mi conforta tanto sapere che in Corea, come ha spiegato Giulia Pompili sul Foglio, le scuole sono state chiuse a lungo e sono state riaperte solo nel meno grave dell’allarme da Pandemia. In Corea hanno forse investito prima e più di noi su banda larga per tutti e pc per tutti. Ma va bene. Se serve a salvare vite, chiudiamo anche le scuole.

Tutti hanno ragione di lamentarsi, gli infermieri sotto stress e i baristi che forse devono richiudere. I quindicenni, i genitori dei quindicenni, e chi non accetta che in quarta elementare si facciano solo 15 ore di scuola a settimana, via pc.

Così però sembriamo il paese di chi piagne, piagne e basta, nemmeno fotte più.

Come ci siamo ridotti così? Dove sono finiti gli eroi, un Achille, quelli che non avevano paura di morire in guerra, perché solo così avrebbero conquistato l’immortalità?

Gentile signora dai capelli bianchi, settantenne, avvocato, che ha parlato al tiggì. Io mi sarei aspettata che lei dicesse: beh, è un grande sacrificio, ma se il mio sacrificio può servire a far tornare i ragazzi a scuola, a febbraio invece che a settembre 2021, allora lo faccio volentieri, ma tu quindicenne bislungo mi porti la spesa a casa e me la lasci sul pianerottolo, ogni santa settimana.

Mi sarei aspettata che invece di pretendere uguaglianza, di cosa?, i presidenti delle regioni più colpite decidessero di anticipare il governo con misure più restrittive, e mi sarei aspettata che il governo, in assenza di queste decisioni diversificate, decidesse d’imperio di chiudere le regioni più colpite, per salvare le altre.

Invece è il festival degli egoismi, tutti aspettano che arrivino soldi, cassa integrazione, reddito, e libertà di uscire di casa quando vogliono e come vogliono, senza considerare che questo così non è più un paese, non sarà mai un paese, ma soltanto un gruppo di italiani per caso, a-solidali, una informe massa di pecore belanti, lamentose, insieme finché c’è il cane a abbaiare per tenerle insieme, ma altrimenti perdute.

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