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Centrodestra

Ecco uomini e donne vicini al Msi corteggiati in passato dalla sinistra

C'erano tempi in cui la sinistra corteggiava Fini e Rauti, due eredi del Msi. La nota di Paola Sacchi.

 

C’era una volta il Msi. Era definito al massimo post-fascista e non fascista anche dalla stessa Unità, il quotidiano ex organo del Pci, negli anni 90, quelli della cosiddetta Seconda Repubblica, della “pacificazione nazionale”, della Bicamerale di Massimo D’Alema dove con Silvio Berlusconi, che aveva portato per la prima volta la destra al governo nel ’94, l’alleato Gianfranco Fini, ultimo segretario del Msi poi autore della Svolta di Fiuggi, fu uno dei principali protagonisti.

Corteggiatissimo era Fini, allora, dalla sinistra, che cercò di creare un cuneo tra lui e Berlusconi, che poi, non solo certamente per questo, ma soprattutto sulla giustizia, rovesciò il tavolo delle riforme già non molto benvoluto da Romano Prodi. Erano anni in cui Luciano Violante stringeva la mano all’ex “ragazzo di Salò”, Mirko Tremaglia, che colloquiava anche con l’Unità, così come lo stesso Fini, Ignazio La Russa, Pinuccio Tatarella, Francesco Storace, primo portavoce del leader, e tutti i protagonisti della trasformazione del Msi in An.

Alla svolta parteciparono anche personalità esterne, intellettuali conservatori come Domenico Fisichella, il giornalista Rai Gustavo Selva, che veniva dalla destra Dc, figure del mondo cattolico come Gaetano Rebecchini, già consigliere di Stato della Città del Vaticano. Erano anni in cui la parola “fascista” era quasi archiviata da una sinistra che sembra usarla a comando a seconda delle fasi storiche e delle strategie del momento. Chissà che avrebbe detto ora l’ex ministro “dell’Armonia”, come lui stesso si definì, Giuseppe, detto “Pinuccio”, Tatarella nel vedere il suo amico di una vita passata nel Msi, La Russa, ridefinito di colpo un “fascista” che secondo esponenti del Pd dovrebbe dimettersi per aver ricordato il padre, fondatore di quel partito in Sicilia, che agì, come il presidente del Senato ha sottolineato, nel rispetto della Costituzione.

Tatarella, che La Russa ha ricordato anche durante gli auguri natalizi alla Stampa Parlamentare, avrebbe forse fatto una battuta delle sue con lieve ironia sull’indietro tutta della sinistra rispetto a quanto aveva detto in questi ultimi decenni. A La Russa si muove la contestazione, fino alla richiesta di dimissioni, del fatto che essendo Seconda Carica dello Stato il suo ricordo sarebbe stato inopportuno e divisivo. E allora dovrebbe nascondere la provenienza politica sua e del padre? Così come Isabella Rauti, sottosegretario alla Difesa, invitata anche lei a dimettersi per aver ricordato il padre ex segretario del Msi, fondato il 26 dicembre?

Eppure c’erano tempi in cui la sinistra e i suoi media corteggiarono anche la Rauti, trovando assonanze sui temi a difesa delle donne. Ma l’uso del termine “fascista” (una volta invece erano post-fascisti, poi post-missini) sembra essere fatto a comando da parte di una sinistra alla ricerca della propria identità più che lavorando su se stessa e i propri programmi, agitando ogni volta allarmismi in contrapposizione con gli avversari politici, demonizzati come nemici. Stavolta però è un balzo indietro di quasi 30 anni. E anche più.

C’era una volta il Msi che partecipò in parlamento a pieno titolo alla vita democratica del Paese. Già ammesso per la prima volta alle consultazioni da Bettino Craxi per la formazione del suo governo nel lontano 1983. O si vogliono mettere indietro le lancette dell’orologio della storia?

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