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Toti

I travagli perenni di Toti

Toti si deve dimettere per sempre dalla politica? I Graffi di Damato.

A conferma della dabbenaggine o dell’estrema furbizia attribuita al diavolo che fa la pentola ma non il coperchio, per cui ciò che vi si mette dentro può essere scoperto al solo volerlo vedere, non so se sia più clamoroso o divertente l’infortunio in cui è incorso il sistema giudiziario italiano restituendo la libertà a Giovanni Toti, dopo una novantina di giorni di arresti domiciliari, mentre in Turchia Stati Uniti e Russia si scambiavano 24 prigionieri. È stata la più grande operazione di questo tipo dopo la cosiddetta guerra fredda. E nel pieno di altre guerre per niente fredde su cui si possono, anche per questa circostanza, nutrire speranze di contenerle in qualche modo, a dispetto delle peggiori apparenze e minacce.

Diversamente però dai prigionieri scambiati fra Stati Uniti e Russia, che tornano a casa in condizioni di sicurezza, Toti ha riacquistato una libertà relativa. Non è più provvisoria, come quella che si concedeva una volta in attesa del processo, ma relativa sì, ripeto. Già oggi, per esempio, a meno di 24 ore dal rilascio, dalle sue foto sul cancello o sul terrazzo di casa finalmente accessibili liberamente, dalle sue prime interviste, Toti è stato colpito da una specie di fatwa del giornale che riesce sempre a rappresentare meglio di tutti i malumori, a dir poco, delle Procure e uffici più o meno attigui. Alludo naturalmente al Fatto Quotidiano, che ha titolato: “Appena uscito, Toti già briga per il Parlamento”. Cui vorrebbe candidarsi alla prima occasione, fra tre anni, o ancor prima se il governo dovesse davvero crollare di referendum o d’altro, come sperano i loro avversari.

Non ha capito insomma, il povero, ingenuo, imbelle Toti – secondo i gusti – che le dimissioni “irrevocabili” da governatore della Liguria presentate per affrontare in libertà il processo per direttissima che gli stanno allestendo andrebbero intese dalla politica in generale. Perché nel nostro sistema giudiziario, dopo il capovolgimento degli equilibri intervenuti all’epoca di “Mani pulite”, secondo una certificazione rilasciata al Quirinale dall’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano scrivendone alla vedova di Bettino Craxi, è la politica tutta intera ad essere stata sottomessa, e finita sotto processo: prima sulle piazze all’annuncio di un avviso di garanzia o di un arresto “cautelare”, e poi nei tribunali, nei loro tempi più lunghi e anestetizzanti. Anzi, tanto anestetizzanti che le eventuali, pur frequenti assoluzioni perdono anche la dignità e le dimensioni di una notizia.

Toti riuscirà magari anche lui a dimostrare di avere preso le sue decisioni da governatore della Liguria senza lasciarsi corrompere da nessuno, ma l’idea di poter tornare o continuare ad essere un politico, diciamo così, normale, deve togliersela dalla testa per come il sistema giudiziario italiano – ripeto – è cambiato da più di una trentina d’anni. A memo che Carlo Nordio, come scrivo altrove, non diventi nel suo campo il Churchill che studia ed ammira.

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