Dopo i fatti di Torre Maura, sono andata a ripescare una mia inchiesta di tanti anni fa tra gli zingari. Era il 1984 e il mio reportage da inviata allora dell’Unità in alcuni campi Rom di Roma descriveva una realtà esclusivamente vista con gli occhi degli zingari. Con i quali trascorsi un paio di giorni, accompagnata da un sacerdote loro amico, che mi fece da guida, ma anche da “polizza assicurativa” (lasciai la borsa nell’auto aperta, con le chiavi inserite e tutto fu ok).
Nell‘inchiesta fatta nel 1984, quando i fenomeni di furto erano marginalissimi, e Roma era un’altra, ci sono lati un po’ romantici, e soprattutto viene fuori la realtà vista dagli zingari. La cui pessima condizione obiettivamente era quella che descrissi. Ma un fatto viene fuori: sostanzialmente non lavoravano, andavano poco a scuola. Loro mi dissero per colpa degli altri. E accusarono anche la polizia di vari sgomberi. Ma affermarono chiaramente che si, certo in quelle condizioni rubavano anche se serviva, che vivevano soprattutto di questue.
“Per colpa degli altri”. Era il 1984, e a Roma il problema già stava esplodendo. Senza alcun intento di criminalizzare quegli zingari, che con me furono peraltro molto gentili, e gli zingari in generale, però già emergeva il problema di fondo: la mancanza di inserimento nel mondo del lavoro. Solo colpa degli altri? Solo colpa loro? Questa la mia inchiesta per L’Unità nel 1984, giornale che aveva un chiaro orientamento a loro favorevole, ma nelle cui inchieste i fatti, come ci veniva ordinato, emergevano, sia che fossero graditi oppure no.