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I pizzicotti fra Meloni, Salvini e Tajani

Che cosa sta succedendo fra Meloni, Salvini, Tajani su banche e non solo. I Graffi di Damato

 

“Turbato” scrive di Antonio Tajani Il Foglio per “lo sfregio” fattogli da Giorgia Meloni rivendicando contenuto e metodo dell’intervento del governo sugli extraprofitti bancari derivati dall’aumento dei tassi d’interesse. Al segretario forzista, di cui non va dimenticata l’attesa del congresso del partito – il primo nella sua storia trentennale – convocato per la fine di febbraio, non è piaciuto “il messaggio” mandatogli dalla premier e così riassunto dalla politologa Sofia Ventura sulle prime pagine del Giorno, Resto del Carlino e Nazione: “Al timone del governo c’è lei e alleati e ministri devono adeguarsi”.

“Si è trattato – ha scritto il direttore Augusto Minzolini sul Giornale ancora un po’ della famiglia Berlusconi – di un esempio di quel sano decisionismo che caratterizza le leadership: una qualità che in un premier non gusta. Tutt’atro”. Ma indicativo del fatto che “il governo, per chi non lo avesse capito, non è di centro-destra ma di destra-centro, che affronta i temi sociali con una cultura diversa da quella puramente liberale” posseduta dal compianto Silvio Berlusconi. E che andrebbe ripristinata, o comunque rispettata, perché “altrimenti si corre il rischio di perdere qualche pezzo” della maggioranza, peraltro determinante anche sul piano numerico in Parlamento.

In linea con l’editoriale del direttore è pertanto il titolo scelto dal Giornale per riassumere e definire la situazione creatasi con l’intervista di gruppo rilasciata al Corriere della Sera, a Repubblica e alla Stampa dalla premier prima di prendersi una breve vacanza albanese nella vacanza meno breve in Puglia: due terre dirimpettaie che si fanno ora concorrenza turistica. ”Per Forza Italia-  ha titolato, in particolare, Il Giornale come se ne fosse l’organo ufficiale – caso chiuso, ma Tajani avverte: cambiare il testo” dell’intervento fiscale del governo quando se ne discuterà in Parlamento per la conversione del decreto legge. Non debbono evidentemente ritenersi sufficienti le modifiche già apportate dietro le quinte, diciamo così, nel passaggio del provvedimento da Palazzo Chigi al Quirinale per la firma del presidente della Repubblica, apposta anche per i cambiamenti riduttivi intervenuti.

Sul fronte della Lega, destinataria anch’essa del messaggio “decisionista” della Meloni ma contrassegnata da una certa differenza di vedute e di condotta fra il leader Matteo Salvini, stavolta d’accordo con la premier, e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, si registrano più chiacchiericci che reazioni vere e proprie. In autunno, pur tra i prevalenti impegni della preparazione del bilancio, verranno al pettine i nodi, al plurale, della riforma delle autonomie regionali differenziate. Su cui non si sa se e come potrà esprimersi il decisionismo della premier in difficoltà stavolta anche con qualcuno dei suoi “fratelli d’Italia”, per niente d’accordo col progetto del ministro leghista Roberto Calderoli.

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