Quella che la sinistra riteneva un viatico per la riscossa alle elezioni del 2027 si sta rivelando una strada lastricata ogni giorno di ostacoli. Lontani ormai i tempi in cui il cosiddetto campo largo, dopo le vittorie in Umbria e a Genova, addirittura vagheggiava un 6 a 0 per le Regionali del prossimo autunno in Valle d’Aosta, Marche, Veneto, Toscana, Puglia e Campania (tenendo conto che il centrodestra governa solo in due di queste Regioni), la decisione a sorpresa di Roberto Occhiuto (Forza Italia) di dimettersi per ricandidarsi alla guida della Calabria ha mandato in tilt le opposizioni.
Le Regioni al voto ora saranno sette. E la scelta coraggiosa di Occhiuto, indagato, sostenuto dai vertici del centrodestra a cominciare dal suo partito, di far valere il primato della politica sull’uso politico della giustizia perché del futuro della Calabria possano decidere solo i calabresi, è stata pioggia sul bagnato delle difficoltà del “campo largo” a trovare la quadra sui candidati. Tanto più dopo che Giuseppe Conte ha detto chiaramente, dopo aver tenuto il Pd sulla graticola in seguito all’inchiesta sul candidato Pd delle Marche, Matteo Ricci, che comunque tra i Cinque Stelle e il resto della compagine “non c’è un’alleanza organica”.
Insomma, seppur abbia detto alla fine sì a Ricci, Conte non esclude sul resto mani libere. Come se non bastassero i nodi già molto aggrovigliati della Campania, dove l’ex premier e leader pentastellato vuole Roberto Fico mentre Elly Schlein è alle prese con una difficile mediazione con l’attuale governatore dem, Vincenzo De Luca, ora si aggiunge al puzzle la Calabria. Qui i Cinque Stelle secondo indiscrezioni vorrebbero Pasquale Tridico, il padre del reddito di cittadinanza. Una situazione che mette alla prova la pur “testardanente unitaria”, segretaria del Pd che sembra spiazzato dalla scelta del governatore.
Schlein ieri si è scagliata contro Occhiuto colpevole paradossalmente di essersi dimesso. Mentre proprio l’anno scorso di questi tempi Schlein, Conte e i leader della sinistra ancora più radicale di Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli andavano in piazza per chiedere le dimissioni dell’allora governatore ligure, Giovanni Toti, ai domiciliari. Stranamente, per un singolare uso a sinistra del pendolo della giustizia, invece Occhiuto, indagato per corruzione, non si sarebbe dovuto dimettere. Per Schlein addirittura lo avrebbe fatto per “fini personali”.
Sulle regionali “stiamo lavorando e siamo fiduciosi”, annuncia Schlein. Che aggiunge: “Lavoreremo anche sulla Calabria che andrà al voto perché il presidente Occhiuto ha ‘nasato’ che la sua maggioranza voleva liberarsene quindi ha ritenuto di utilizzare per fini personali l’istituzione portandola al voto, ma noi ci faremo trovare pronti”.
Dura la risposta del deputato azzurro, Alessandro Cattaneo, responsabile dei dipartimenti di FI: “Schlein, in evidente allarme per lo stato comatoso del Pd – nel Paese e in modo particolare in Calabria -, finge di non capire. Altro che fini personali, avesse pensato a se stesso il presidente Roberto Occhiuto sarebbe rimasto al suo posto, come sta facendo Sala a Milano”.
Occhiuto, che ieri ha formalizzato le dimissioni, ha ricordato di averlo fatto per impedire la paralisi nell’amministrazione. Mentre, incalza Cattaneo, “nel capoluogo lombardo il centrosinistra – con indagini ben più invasive di quelle calabresi – sta imbalsamando il Comune”. Prosegue: “Occhiuto, invece, sceglie la democrazia. Sceglie di dare la parola ai calabresi. Sceglie di lasciare la poltrona, per chiedere ai cittadini di decidere da chi vogliono essere governati”. Conclusione: “La segretaria dem ha paura della democrazia? Ha terrore delle elezioni?”.
Di sicuro, quello della sinistra sembra sempre più un garantismo a targhe alterne come la corsa delle Regionali sta dimostrando. Ma ora per paradosso sembra che anche le dimissioni sempre chieste agli avversari politici sotto inchiesta non vadano bene. Almeno se non coincidono con i tempi della sinistra.