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I giochetti mediatici di Meloni e Schlein

Fini ed effetti dell'occasione mancata del confronto diretto fra Meloni e Schlein. I Graffi di Damato.

Dannatamente privo di ubiquità, come del resto si lamentava anche Sant’Antonio, ho dovuto seguire a distanza il confronto indiretto, a distanza anch’esso, fra la premier Giorgia Meloni e la segretaria del Pd Elly Schlein. Le ho ascoltate entrambe a Radio radicale: prima la Meloni dalla festa nazionale sua e del suo partito, poi la Schlein dall’assemblea nazionale del partito del Nazareno.

Nessuna delle due mi ha annoiato. Sono rimasto concentrato a seguirle grazie anche alla mancanza delle immagini che spesso distraggono. Certo, la prima mi ha divertito più della seconda. Alla quale d’altronde anche un simpatizzante dichiarato come il mio amico Paolo Mieli, parlandone di sera in onda – in tutti i sensi – su La 7, ha consigliato di prendere dalla seconda un po’ di ironia. O di non riservarsela solo alla Camera, dove avendola davvero di fronte qualche volta ci prova e ci riesce.

Ho trovato pertinente, interessante, condivisibile più di una domanda dell’una all’altra. E mi sono chiesto perché mai non avessero voluto porsele direttamente in un faccia a faccia anziché fuggirne entrambe, e non solo una come la Meloni ha rimproverato alla Schlein affondando il coltello come nel burro di un suo fallo di reazione.

La segretaria del Pd, invitata alla festa della destra, è fuggita quando la Meloni ha condizionato la sua richiesta di un confronto diretto alla partecipazione anche di Giuseppe Conte, che ambisce non meno della Schlein alla leadership dell’alternativa al governo. La premier, dal canto suo, avrebbe potuto risparmiarsi quella condizione, anziché togliersi solo il gusto di mettere in imbarazzo grazie anche a Conte. Che è stato lesto a inserirsi nel gioco annunciando una disponibilità avvertita con sospetto, a dir poco, se non col panico, dalla Schlein.

Così è mancato lo spettacolo. O abbiano avuto solo quello di dietro le quinte, che durerà quasi un anno, avendo la Schlein e Conte deciso entrambi – l’una pensando di fregare l’altro e viceversa – di giocarsi la partita della leadership dell’alternativa sotto le elezioni dando la precedenza, per finta o davvero, alle elaborazioni dei programmi dei rispettivi partiti, e accessori, e poi al tentativo di comporli in una sintesi. Non si sono resi conto, né l’una né l’altro, almeno a mio parere, di favorire così gioco, partita ed altro della premier in carica ormai da più di tre anni, in una tenuta per niente ordinaria nella storia della Repubblica e per ciò stesso avvertita anche all’estero, in una congiuntura mondiale peraltro per niente stabile, come un fatto, persino eccezionale.

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