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I curricula degli impiegati di Huawei svelano i legami con l’esercito cinese?

In base a un recente studio che ha esaminato i cv di migliaia di dipendenti Huawei, ci sarebbero legami profondi tra il colosso tecnologico di Shenzen e gli organi militari e di intelligence della Cina. La versione del gruppo cinese

Trump e l’intelligence Usa hanno dunque ragione a considerare Huawei una spia di Pechino? Secondo uno studio della Fulbright University Vietnam sì. In base all’analisi di migliaia di Cv dei dipendenti Huawei, sono emersi legami più profondi con gli apparati militari e di intelligence cinesi rispetto a quelli precedentemente riconosciuti dal colosso tecnologico di Shenzen.

“C’è una significativa evidenza diretta che il personale Huawei possa agire sotto la direzione dell’intelligence statale cinese”, conclude il paper. Ecco i dettagli.

COSA EMERGE DALLO STUDIO SU CV DEI DIPENDENTI HUAWEI

Secondo lo studio “il personale tecnico di medio livello impiegato in Huawei ha un forte background nel lavoro associato alla raccolta di informazioni e alle attività militari”. Non solo, nel documento si legge anche che “alcuni dipendenti possono essere collegati” a specifici casi di hacking o spionaggio industriale condotto contro imprese occidentali”.

Lo studio ha esaminato un set unico di 2 milioni di CV, di cui circa 25.000 di dipendenti di Huawei. Di quest’ultimi, almeno 100 hanno collegamenti con agenzie militari o di intelligence cinese. I dati analizzati sono stati estrapolati da database divulgati online nel 2018 attraverso piattaforme di assunzione non sicure.

CHI È L’AUTORE DEL PAPER

La ricerca è stata condotta da Christopher Balding, un professore alla Fulbright University Vietnam, con la collaborazione del think tank britannico Henry Jackson Society,

UNO DEI 3 CV PRESENTATI NELLO STUDIO

Tuttavia, i cv non sono consultabili e di questi 100 l’autore del paper esamina soltanto tre “casi chiave”. Uno di questi è Li Jingguo. Nel suo cv si definisce come “rappresentante” del Ministero della sicurezza dello Stato, la principale agenzia di intelligence cinese. Tra le competenze elencate, c’è la “costruzione di capacità di intercettazione legale nelle apparecchiature Huawei”. Secondo lo studio quest’attività suggerisce che il suo ruolo nella società includeva “inserire tecnologia di acquisizione delle informazioni o software sui prodotti Huawei”.

IL “VECCHIO” CASO VODAFONE ITALIA

Da qui Balding insinua che il dipendente in questione avrebbe potuto essere coinvolto nella costruzione di backdoor (chiave per aggirare i sistemi di sicurezza per accedere a dati crittografati) nelle apparecchiature fornite da Huawei a Vodafone Italia un decennio fa, per la prima volta segnalate da Bloomberg ad aprile.

Il rapporto Bloomberg ha rivelato che dal 2009 al 2011, la società di telecomunicazioni del Regno Unito ha scoperto le backdoor nelle apparecchiature di Huawei che avrebbero potuto dare a quest’ultimo accesso alla propria rete fissa italiana. Sia Vodafone sia Huawei hanno riconosciuto le vulnerabilità dichiarando che sono state risolte tra il 2011 e il 2012.

LA TESI DELLA FULBRIGHT UNIVERSITY VIETNAM

“C’è una significativa evidenza che il personale Huawei agisca sotto la direzione dell’intelligence statale cinese con più collegamenti di relazioni “, conclude lo studio.

CI RISIAMO

A fine giugno, già Bloomberg aveva avanzato una tesi simile. Alcuni dipendenti Huawei hanno collaborato con il personale militare cinese su almeno 10 progetti di ricerca. Quest’ultimi spaziavano dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale per identificare le emozioni nei commenti dei video online all’analisi delle immagini satellitari. Come prova del legame, i crediti nel database di ricerche accademiche Cnki.net che ha prodotto 10 studi firmati congiuntamente da autori identificati ricercatori di Huawei con un’affiliazione all’esercito popolare cinese di liberazione.

FONDATI I TIMORI USA?

Questa nuova ricerca potrebbe convincere i governi a bloccare le apparecchiature Huawei nello sviluppo delle reti di telecomunicazioni 5G per motivi di sicurezza nazionale. Alcuni paesi, come Stati Uniti e Australia, temono infatti che il gigante delle tlc cinese possa installare le cosiddette backdoor nelle sue apparecchiature di rete per le telecomunicazioni che consentirebbero al governo di Pechino di accedere ai dati degli utenti. Huawei ha ripetutamente negato una simile possibilità.

UNO STUDIO ATTENDIBILE?

Tuttavia, lo studio non dimostra che il colosso di Shenzen stia collaborando con il governo cinese per spiare i governi o le società occidentali attraverso le apparecchiature tlc nelle infrastrutture per il 5G.

I risultati non possono essere verificati infatti dal momento che il professor Balding non ha condiviso il database e presenta solo tre profili.

LA DICHIARAZIONE DI BALDING

“Non ho prove che lo stato cinese abbia ordinato direttamente a un dipendente di Huawei di commettere atti di spionaggio o comportamenti simili. Lo dico solo perché non ho la cassetta audio dell’ordine o una e-mail che indica tali ordini”, ha dichiarato Balding.

IL COMMENTO DI HUAWEI

Il 5 luglio, data di uscita dello studio, un portavoce di Huawei ha dichiarato a The Telegraph che la compagnia “non lavora a progetti militari o di intelligence per il governo cinese”. Riguardo al background militare di alcuni dei suoi dipendenti, il gruppo ha precisato: “Questa informazione non è nuova e non è segreta, essendo liberamente disponibile sui siti web di carriera. Non è insolito che Huawei impieghi persone con trascorsi nel governo o nell’apparato militare. Siamo orgogliosi del loro background”.

Riguardo al paper della Fulbright University Huawei ha commentato così: “Accogliamo rapporti basati sui fatti rispetto alla trasparenza di Huawei, speriamo che ogni futura indagine contenga meno congetture nel tracciare le proprie conclusioni ed eviti così tanti passaggi, frutto solo di speculazione, rispetto a ciò che il professor Balding ‘creda’, ‘riferisca’ e ‘non possa escludere’”.

TEMPISMO DELLO STUDIO

I risultati dello studio infiammano comunque il dibattito circa i legami di Huawei con il regime cinese. Gli Stati Uniti e l’Australia hanno effettivamente messo al bando le apparecchiature Huawei, ma altri paesi, come il Regno Unito, stanno ancora valutando tutte le opzioni. Diversi paesi dell’Ue dovrebbero decidere se consentire o meno all’azienda cinese di partecipare al lancio delle reti 5G di prossima generazione.

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