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Arnese

I crucci del ministro Bianchi, l’applausometro a Palazzo Chigi, il codice Rocco (Casalino) e la Ricciardeide

Fatti, nomi, numeri, curiosità e polemiche. I tweet di Michele Arnese, direttore di Start, non solo su Rocco Casalino

 

PRIMA MOSSA DI DRAGHI & SPERANZA

 

CODICE DI ROCCO (CASALINO)

 

CODICE PALU’

 

LA VERITA’ CHIEDE LA TESTA DI ARCURI

 

LE PREOCCUPAZIONI DEL NUOVO MINISTRO BIANCHI

 

QUISQUILIE & PINZILLACCHERE

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ESTRATTO DELL’INTERVISTA DEL CORRIERE DELLA SERA A ROCCO CASALINO.

Essere Rocco Casalino, sentirsi sempre fuori posto «come un Forrest Gump», passare la vita a «dimostrare che potevo stare lì dove stavo e che ci ero arrivato da solo». Dalla casa del Grande Fratello alla Casa Bianca, quando rimirandosi dentro uno specchio si disse, tra stupore e orgoglio: «Ma guarda dove sono arrivato». L’infanzia da emigrante in Germania, la povertà assoluta, i vestiti di quarta mano, le botte del padre amato e odiatissimo e quelle dei bulli, che gli gridavano italiano, finocchio, frocio, gay. E poi lo studio matto e disperatissimo, la ricerca (vana) del vero amore, la laurea in Ingegneria, la tv e il successo, il riscatto e l’invidia, i soldi facili e quel «marchio di infamia» di cui non si è mai liberato: «Come mai Rocco del Grande Fratello è il portavoce del premier?». Per rispondere alla domanda che lo tormenta da vent’anni ha scritto un libro per Piemme che esce domani (Rocco Casalino il Portavoce – La mia storia). Dal primo giorno di vita a Frankenthal l’1 luglio del 1972, «nato per caso, non desiderato, non voluto, sbagliato», fino a Giuseppe Conte, che assieme a Gianroberto Casaleggio è stato «la persona più grande mai incontrata».

Cominciamo dalla fine, quando Conte ha lasciato Palazzo Chigi lei ha pianto. Per il potere perduto?

«Il concetto di potere lascia il tempo che trova. Per me Palazzo Chigi è stata una esperienza impegnativa di lavoro. Quest’ultimo anno con la pandemia è stato molto faticoso, un livello di stress pazzesco. E quando Conte è uscito la commozione ha colpito tutto il palazzo. Lui ha il dono di arrivare al cuore e questo lo renderà diverso da tutti i presidenti del Consiglio».

Dal servo encomio per Conte siamo passati al codardo oltraggio di manzoniana memoria?

«Non credo che Conte sarà presto dimenticato. Il video del suo addio ha incassato su Facebook un milione di like, numeri pazzeschi che non fa nessuno al mondo. Proprio tutto questo consenso ha fatto di lui un problema».

Pd e M5S lo hanno già scaricato?

«Conte è stato fatto cadere come tutti sanno da Renzi con una manovra di palazzo ben studiata. Invece di fargli una statua è stato mandato a casa dopo aver ottenuto dall’Europa 209 miliardi».

E ora come pensa di salvare il soldato Giuseppi?

«Io saprei come farlo. Il grande dubbio è cosa vuole fare lui. Credo sia una risorsa importantissima per il M5S, ma questo è un mio desiderio personale. La scelta tocca a lui e al Movimento».

Continuerà a curare la comunicazione dell’ex premier o punta davvero a fare un giorno il ministro?

«Io sono un attivista del M5S, sto valutando cosa fare e mi serve un po’ di tempo per riprendermi. Con Conte continuiamo a sentirci, non ci siamo lasciati come se qualcosa fosse finito. Questa è la legislatura che ha sottovalutato Conte. Ha peculiarità straordinarie. Con lui in una campagna elettorale si possono fare cose incredibili».

Quali peculiarità?

«È una persona vera, ci mette la faccia. Ha avuto il coraggio di affrontare migliaia di operai arrabbiati all’Ilva di Taranto. È andato a trattare a Bruxelles ed è stato un numero uno, ottenendo il risultato migliore di tutti. Una macchina da guerra, uno stakanovista assoluto, capace di lavorare 18 ore».

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