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Ucraina

Chi (non) vincerà la guerra in Ucraina

Com'è andata finora la guerra tra Russia e Ucraina e cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi mesi. Conversazione di Startmag con Emanuele Panero, responsabile Difesa e Sicurezza del CeSi.

A due anni dall’invasione dell’Ucraina e dello scoppio di una guerra che continua tuttora, è senz’altro tempo di bilanci. Quello fatto da Centro Studi Internazionali di Roma presieduto da Andrea Margelletti è fresco di pubblicazione, si intitola “Ucraina Anno II” ed è un lavoro a più mani che fa il punto tanto sulla dimensione politica del conflitto quanto su quella economica e soprattutto militare.

Ed è su quest’ultima che soffermiamo la nostra attenzione con uno degli autori, Emanuele Panero, che del Cesi è il responsabile del desk Difesa e Sicurezza. A lui chiediamo subito di commentare i due numeri che riassumono l’andamento delle ostilità negli ultimi 12 mesi, vale a dire i 370 chilometri quadrati di territorio ucraino che sono stati liberati nella controffensiva di Kiev, e gli 857 chilometri quadrati che sono stati viceversa occupati nel corso dell’anno dalle forze russe.

Dottor Panero, è questa la sintesi dell’anno II della guerra in Ucraina?

Quelli sono i numeri forniti dal nostro rapporto. Come sappiamo, il 2023 è stato caratterizzato dalla molto anticipata controffensiva ucraina su tutto il fronte che si è concentrata su più assi. L’obiettivo era impegnare e fissare le forze russe in diversi segmenti del fronte per poi cercare una penetrazione che andasse a interrompere il ponte di terra che collega la Russia alla Crimea, penetrando nell’area di Mariupol e Berdiansk, nell’intento di raggiungere la costa e di tagliare i rifornimenti russi.

Un’operazione che però non ha avuto successo.

Sono stati conseguiti solo dei modesti risultati in termini di riconquista di territori già occupati nella misura di cui lei accennava prima. Questo perché, con l’avvio dello scorso inverno, le forse della Federazione russa hanno condotto una serie di operazioni offensive lungo tutta la linea del fronte e, con peculiare intensità, nelle località di Kupyansk eAvdiivka.

Due località dove, come ricorda il vostro rapporto, Mosca ha condotto due operazioni molto importanti.

L’obiettivo delle due operazioni in questione era di impegnare le forze ucraine in modo da impedire loro di venire dispiegate nella controffensiva. Iniziativa che ha raccolto un un certo successo soprattutto in alcuni settori dove i russi sono riusciti a guadagnare terreno. E così il bilancio dei territori occupati, liberati e rioccupati è andato a vantaggio della Russia, nel contesto però di guadagni territoriali che si misuravano a livello giornaliero o settimanale nell’arco di poche centinaia di metri.

Questo è il motivo per cui voi parlate di un conflitto ormai “statico”, giusto?

Questo è un conflitto in cui ormai la difesa prevale sulla manovra offensiva e che si è trasformato in una guerra dei materiali nella quale l’artiglieria domina il campo di battaglia.

Qual è il fattore che più ha penalizzato la controffensiva ucraina?

Il fattore probabilmente più importante è il fatto che le forze armate russe hanno potuto predisporre una architettura difensiva strutturata e multilivello fatta di campi minati, aree predisposte per il fuoco dell’artiglieria, postazioni fisse, denti di drago e altre costruzioni in cemento armato anticarro, e così via. Tutti elementi tesi a incanalare le direttrici offensive ucraine e ad esporle al fuoco dell’artiglieria.

I russi inoltre, scrivete nel rapporto, hanno messo in campo una difesa “elastica”.

Sì, invece di restare ferme sulle proprie postazioni, lasciando avanzare l’avversario per poi eventualmente ripiegare, le forze russe hanno condotto una serie di assalti contro le postazioni  liberate dalle forze ucraine: attacchi continui con dei battaglioni predisposti per questo tipo di operazioni. Ciò ha implicato subire perdite molto ingenti, ma è un prezzo che Mosca ha pagato pur di sottoporre a pressione le forse ucraine che, liberato un villaggio, si trovavano ad essere immediatamente sottoposte a un contrattacco istantaneo.

In questo quadro difficile per l’Ucraina spicca per converso quello che voi al CeSi avete sottolineato ossia la capacità di Kiev di “limitare sensibilmente la libertà di manovra russa nel Mar Nero”.

Il Mar Nero ha occupato un posto cruciale nella strategia ucraina in quanto quel mare dava un vantaggio significativo ai russi in termini di controllo attraverso il fuoco delle coste. Ricordo infatti che la Russia proprio da lì bersagliava l’Ucraina con i missili Kalibr, per non parlare delle operazioni aeree che partivano proprio dal mar Nero. Per Kiev si trattava dunque di rimuovere una sorgente di fuoco che i russi usavano per colpire obiettivi sia sul fronte che in profondità nel territorio ucraino.

E cosa hanno fatto gli ucraini?

Hanno impiegato una combinazione di strumenti che sinergicamente e progressivamente hanno reso meno sicura la manovra e la libertà di movimento della flotta russa sul Mar Nero, le cui unità sono state colpite ad esempio con l’impiego dei battelli USV (Unmanned Surface Vehicle) dotati di carica esplosiva e pilotati a distanza, con un notevole impatto psicologico sul campo avversario.

Non a caso i video di queste missioni sono stati abbondantemente impiegati nella propaganda. Ma la flotta non è stata colpita solo con gli USV, vero?

Sì, in altri casi è avvenuto con raid effettuati da operatori speciali lungo la costa della Crimea contro batterie missilistiche o guarnigioni. Allo stesso scopo però sono stati impiegati anche droni, missili da crociera adattati come i Neptune, ma anche i missili da crociera aviolanciati Stealth forniti dall’Occidente, i famigerati Storm Shadow e Scalp-EG.

Con un impatto devastante, vero?

La risposta è affermativa se consideriamo l’insieme di questi elementi e soprattutto il fatto che Kiev è arrivata a colpire perfino il comando della flotta a Sebastopoli. Ma gli ucraini hanno anche colpito navi attraccate nei porti, danneggiato un sottomarino classe Kilo che probabilmente non potrà più operare, e colpito persino numerose navi in riparazione. Dunque tra il danneggiare le strutture portuali e riparative, ma anche le batterie di missili contraerei e antinave, e il colpire con i battelli le navi di passaggio, non solo si sono provocate perdite nelle file del nemico, ma se ne è resa meno sicura la manovra, col risultato di ridurne il raggio di azione.

Questa è una guerra che si può vincere, che qualcuno può vincere?

Non lo sappiamo, ma è certo che la Russia sta scommettendo sul fattore tempo. Non dimentichiamo che a novembre le presidenziali Usa potrebbero influenzare notevolmente il quadro politico ed anche economico di questo conflitto a svantaggio di Kiev. La Russia dal canto suo, e lo ha dimostrato l‘aumento del Pil, si è già trasformata in un’economia di guerra incentrata sulla produzione industriale massiva di equipaggiamento militare, veicoli, munizioni che la predispongono a sostenere il conflitto nel medio termine. Viceversa i Paesi che sostengono l‘Ucraina e fanno parte del cosiddetto Gruppo di Contatto non hanno mostrato la stessa capacità di mobilitazione.

E gli F-16? Cambierà qualcosa il loro arrivo stimato per giugno?

Quegli aerei offriranno a Kiev un ulteriore elemento per contestare alla Russia il dominio aereo. Si dovrebbe dunque registrare quanto meno una trasformazione incrementale del profilo militare ucraino. Invece, ripeto, l‘evoluzione nel medio e lungo termine del conflitto è legata a fattori strategici di natura anche politica e su cui impatteranno soprattutto le presidenziali Usa di novembre, da cui dipenderà la postura di un attore chiave come Washington.

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