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Greta Thunberg

Greta Thunberg è passata di moda?

Le evoluzioni delle proteste studentesche e il caso di Greta Thunberg. La nota diplomatica di James Hansen

 

È interessante notare come il trambusto scoppiato all’interno dei campus universitari di mezzo mondo per la guerra in Palestina sembri aver fatto passare improvvisamente in secondo – forse terzo – piano l’intensa preoccupazione degli ultimi anni per il tema del cambiamento climatico. Il clima continua a fare quello che vuole, ma tutto ad un tratto non è più in cima alla lista delle ‘cause’.

Perfino l’inimitabile Greta Thunberg si sta riposizionando in fretta, come rivela un suo commento recente su Gaza: “Non può esserci giustizia climatica nei territori ‘occupati’ (da Israele ndr)” ha detto, proseguendo poi con un intervento imperniato tutto sulla Palestina anziché sulla ‘net zero’, l’obiettivo ecologico massimo – quasi mistico – in cui i gas serra immessi nell’aria dovrebbero essere bilanciati da una quantità equivalente di inquinanti rimossi dall’atmosfera – una proposta accademica ‘nobile’ nell’intento, ma quasi certamente non raggiungibile nei fatti.

Era inevitabile che l’emergenza climatica – almeno sotto l’aspetto modaiolo – dovesse cominciare ad appassire prima o poi. Indipendentemente dai fatti concreti relativi al riscaldamento globale, questo ‘movimento’ era nato dall’ulteriore evoluzione di una precedente tendenza, la ‘anti-globalizzazione’, in sé già un’espressione di rifiuto generalizzato della ‘modernizzazione’: cioè, del mondo che si trova fuori dalla porta di casa, pieno di volgarità, di plastica, di persone e di classi sociali che hanno più soldi e più cose di noi – una situazione per definizione ‘ingiusta’.

A dire il vero, l’eccitazione sul tema del cambiamento climatico aveva iniziato a scemare già da tempo tra grandi pronunciamenti sempre più apocalittici. Una sorta di ‘picco’ era stato raggiunto nei primi mesi dell’anno scorso, quando i climatologi associati all’IPCC – Intergovernmental Panel on Climate Change – fecero uscire un documento che caratterizzavano allora come il loro “final warning”,“l’avvertimento finale”. Secondo la relazione, solo azioni “immediate e drastiche” avrebbero potuto salvare il mondo, ormai quasi irrimediabilmente compromesso a causa delle continue emissioni di gas serra.

Il Segretario Generale dell’Onu, António Guterres, ha commentato il documento degli scienziati, dichiarando: “Questa relazione è uno squillante richiamo alla necessità di dare la massima priorità al problema climatico in ogni paese e in ogni settore e nei tempi più stretti possibili. Il nostro mondo ha bisogno di azione sul clima su tutti i fronti: everything, everywhere, all at once!

Poi, in sostanza, non se n’è fatto praticamente niente. La strombazzata barriera politica all’aumento della temperatura media mondiale di oltre 1,5° C sarebbe già in via di radicale superamento in molte parti del globo. Forse il problema è il troppo gridare ‘al lupo!’. Se si urla troppo e poi l’animale non si presenta – almeno in tempi abbastanza brevi – allora dopo un po’ si passa ad altro. Nel caso, il movimento studentesco internazionale è passato dal clima a Gaza e dalla parte dei palestinesi.

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