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Perché il governo Conte snobba i prestiti Bei contro il dissesto idrogeologico? Fatti e polemiche

800 milioni di prestito per evitare frane e alluvioni. Pronti a partire dalla Bei, ma il governo non li vuole. Fatti, numeri e polemiche

Ottocento milioni destinati a opere contro il dissesto idrogeologico e a limitare i danni di frane e alluvioni. Erano pronti a partire dai palazzi europei alla volta di Roma. Ma non arriveranno. Perché il governo non li vuole.

Il motivo? Quei soldi arrivano dall’Unione europea e l’Italia li avrebbe dovuti restituire in vent’anni, e il ministro dell’Ambiente Sergio Costa si è detto contrario. Il problema, come sottolineano diversi osservatori, è che le opere andranno comunque finanziate, probabilmente tramite emissione di Btp, il cui tasso d’interesse è quasi quintuplo, ha fatto notare il quotidiano La Stampa. Insomma, per non indebitarsi di 70 milioni con l’Europa, l’Italia si indebiterà di 340 milioni con gli investitori? E’ la domanda che circola in ambienti finanziari.

LA TASK FORCE DI RENZI

La vicenda inizia nel 2014. Il governo, all’epoca guidato da Matteo Renzi, concorda con la Bei, la Banca europea per gli investimenti, la concessione di un prestito di 1 miliardo e 150 milioni di euro con cui finanziare progetti che prevengano frane e alluvioni. Lo fa tramite la “Task force Italia Sicura” voluta da Renzi per gestire a livello governativo le politiche di tutela del territorio. Buona parte degli interventi era destinata al Nord (lo stesso che in questi giorni è vittima di un’ondata di maltempo che ha già causato varie vittime). Gli 800 milioni costituivano la parte principale del prestito, e avrebbero dovuto ricadere, spalmati, su Lombardia (120 milioni), Emilia (108), Piemonte (101), eccetera. Ad essi si aggiungevano 200 milioni per ripristinare e infrastrutture danneggiate dal maltempo e altri 150 milioni per la cura dei corsi d’acqua. I soldi, fino all’inizio di quest’anno, c’erano. Ciò che mancava, come scrive Avvenire, era soltanto la firma fra Governo e Regioni. Firma che l’allora premier Paolo Gentiloni, nel frattempo subentrato a Renzi, non pose “per correttezza istituzionale”, mancando appena 10 giorni alla fine del proprio mandato.

IL NUOVO GOVERNO: “NON VOGLIAMO DEBITI”

Il ribaltone del 4 marzo e la formazione del nuovo governo Lega-M5S ha sancito la fine della task force Italia Sicura. E, con essa, anche il prestito è evaporato. Il nuovo governo, infatti, non intende utilizzare il mutuo della Bei. Lo ha scritto il ministro Costa alla Stampa, sostenendo che “i fondi che erano di Italia Sicura sono stati non solo confermati, ma addirittura aumentati (a 6 miliardi, cioè 300 milioni l’anno, ndr) e resi disponibili da subito”. Tuttavia, quei soldi non arriveranno alla Bei perché il mutuo sarebbe contrario “all’amministrazione di soldi pubblici da buon padre di famiglia”. L’indebitamento, argomenta Costa, ricadrebbe infatti sui cittadini. Inoltre il ministro ha negato di aver eliminato Italia Sicura in quanto renziana, ma piuttosto perché “non funzionale”. Secondo la visione del nuovo governo, dal momento che sarà il ministero a governare direttamente le procedure, il Commissario potrà disporre dei finanziamenti più rapidamente.

IL PROBLEMA DEGLI INTERESSI

Il problema è che, prestito o non prestito, i debiti potrebbero esserci ugualmente, e per di più a un tasso molto meno favorevole di quello proposto dalla Bei. Tanto per cominciare le opere vanno messe in cantiere e pagate con i fondi ordinari. Stando a quanto riporta La Stampa, il bilancio pubblico garantisce soltanto la metà del fabbisogno annuale che ammonta a circa 1 miliardo di euro. Che significa? Che, con tutta probabilità, o le restanti opere non verranno portate a termine, oppure andranno finanziate tramite l’emissione di titoli di stato. Ad oggi, il rating dei btp italiani è BBB, che porta l’interesse al 3,47%. Cinque volte il tasso della Bei.

I DUBBI DEGLI ANALISTI

La scelta del Governo solleva più di una perplessità, anche fra gli addetti ai lavori. “La #Bei ci offre dei prestiti a tassi quasi zero per frenare il dissesto del territorio, ma noi preferiamo indebitarci al 3-4% per usare soldi “nostri”. È talmente incredibile che magari la verità è un’altra” ha twittato il corrispondente a Bruxelles della Stampa Marco Zatterin, sottolineando come l’Italia sia azionista della stessa Bei. Non solo, Zatterin ha evidenziato come l’Italia sia stata il maggior beneficiario dei fondi della Bei, con oltre 100 miliardi di prestiti erogati in dieci anni.

IL COMMENTO DI NICOLA BORZI, EX SOLE 24 ORE

“Invece di pagare il tasso fisso Bei dello 0,8%, questi “padri di famiglia” se vorranno davvero finanziare i progetti dovranno emettere debito al 3,3% medio annuo. Su 800 milioni un differenziale del 2,5% annuo significa 20 milioni di quota interessi in più a ogni rata annuale”, ha scritto su Facebook il giornalista di finanza Nicola Borzi, per anni al Sole 24 Ore.

IL TWEET DI GUIDO CROSETTO

Significato il tweet di Guido Crosetto, già sottosegretario alla Difesa, esperto anche di finanza pubblica:

ECCO CHE COSA E’ SUCCESSO DAVVERO. L’AGGIORNAMENTO DI START MAGAZINE

 

 

 

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