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Conte

Il governo ci ripensi e istituisca un ministero anche per il nord. L’opinione di Meloni

L'intervento di Daniele Meloni

Il nuovo governo populista-pop ha sostituito quello populista-sovranista, cambiando non solo la maggioranza parlamentare ma anche le sue priorità. Con un solo ministro proveniente dal nord, i più non sono rimasti sorpresi nel leggere la lettera del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte al Quotidiano del Sud, nella quale l’Avvocato del Popolo accoglie gli intenti del manifesto pubblicato dal giornale nei giorni scorsi per un nuovo – l’ennesimo – piano per il sud, arrivando perfino a farne parte integrante del nuovo “Patto europeo” proposto ieri a Bruxelles.

I problemi del sud sono noti da tempo, così come è noto da tempo che non si risolveranno mai con l’azione dello stato. Eppure, per ragioni di convenienza elettorale, platee clientelari e assetti del potere centrale, il sud è sempre al centro delle azioni di ogni governo. In questo caso lo sbilanciamento è evidente: Conte non ha mai menzionato la parola “nord” nel suo intervento alle Camere per chiedere la fiducia.

Mentre impera la battaglia per centinaia di posti di sottogoverno, sottosegretariato e sotto tout court, il nuovo governo potrebbe tornare sui suoi passi e annunciare la nascita di un nuovo Ministero (senza portafoglio): quello per il Nord. Infrastrutture, no-profit, attività produttive, solidarietà e volontariato, innovazione e nuove tecnologie, start-up: ecco alcuni dei settori in cui il settentrione primeggia in Italia e compete con le regioni più sviluppate d’Europa.

Per non parlare della scuola, un ambito in cui il Presidente lombardo, Attilio Fontana, si è già scontrato con Roma. Come previsto dalla Costituzione – riformata peraltro nel 2001 da un governo di centro-sinistra – Fontana ha chiesto di ottenere anche l’ordinamento scolastico tra le materie oggetto dell’autonomia lombarda. Lo stato nicchia, qualche furbone finge di non capire parlando di “scuola padana”, ma intanto l’anno scolastico inizia con centinaia di migliaia di docenti mancanti. La Lombardia vorrebbe semplicemente utilizzare le sue risorse per assumere nuovi insegnanti di ruolo. Parlare di scuola padana è fuorviante: gli insegnanti possono venire da ovunque, a patto che siano buoni e insegnino bene. Tutto ciò non pare né rivoluzionario, né padano. Ma tant’è.

In fondo tutti gli abitanti della Lombardia, siano essi nati a Milano, a Napoli o a Kinshasa, hanno la necessità di ottenere servizi migliori in ambito di trasporti, ospedali, strade, pubblica amministrazione. Non è certo sulla base delle differenze – o peggio, delle discriminazioni – etniche che Milano è diventata la città più innovativa d’Italia, e il punto di riferimento internazionale del paese.

Il nord deve stare compatto nelle sue richieste, convinto delle sue ragioni: il governo prenda atto che non si può governare a lungo contro la locomotiva produttiva del paese.

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