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Meloni Cina

Tutti i problemi che avrà il governo Meloni

Il significato del voto, la vittoria del centrodestra e le sfide del prossimo governo Meloni. Il Taccuino di Galbusera.

 

Al di là degli schieramenti, sono state premiate sia la coerenza come forza di opposizione di Fratelli d’Italia, che ha tratto un particolare vantaggio dalla leadership femminile di Giorgia Meloni, sia la chiarezza e la determinazione con cui Giuseppe Conte si è intestato la difesa del reddito di cittadinanza, assurto ormai a simbolo dell’assistenzialismo senza condizioni.

Il Partito democratico non ha trovato di meglio che polemizzare con il “blairismo”, denunciare un presunto pericolo fascista e lamentare gli aspetti negativi del Jobs Act di Renzi senza neppure riuscire a spiegare quali fossero.

Se il terzo polo non raggiunge il 10% sperato raccoglie però un consenso sufficiente per consentirgli di tentare un maggior radicamento su basi politiche riformiste e liberaldemocratiche.

Ampiamente atteso, sia pur per ragioni diverse, il ridimensionamento della Lega (dovuto alla debolezza strategica e alle improvvisazioni del suo “capitano”) e di Forza Italia, che sopravvive per la rendita di immagine personale del suo fondatore ma paga il continuo cambiamento dei suoi gruppi dirigenti.

In ogni caso i margini del futuro esecutivo non saranno molto larghi, sia per i vincoli del nostro enorme e crescente rapporto tra debito e prodotto interno lordo, sia per l’affacciarsi della recessione in Europa e forse anche negli USA. Discutere una ridefinizione del PNRR non sarà impossibile ma dovrà avvenire in termini di ragionevolezza. Poiché mala tempora currunt l’interesse del governo nascituro dovrebbe esser quello di coinvolgere l’opposizione nelle assunzioni delle più importanti decisioni, senza per questo configurare necessariamente un “esecutivo di solidarietà ed emergenza nazionale”.

Poiché il tema della “governabilità” è tutt’ora irrisolto, le forze politiche dovrebbero destinare molte energie a ricostruire il sistema politico italiano su base tendenzialmente bipolare: da una parte le forze liberaldemocratiche conservatrici o moderate che dir si voglia e dall’altra uno schieramento, di chiaro stampo riformista a trazione laburista, liberalsocialista e socialdemocratica.

Questi schieramenti, che potrebbero divenire i nuovi partiti, si dovranno rispettare e riconoscere reciprocamente in una logica di alternanza decisa dagli elettori. È naturale che questo imporrà un rimescolamento delle carte, sia per quanto riguarda i i progetti politici che per una rivisitazione dei simboli che esprimono oggettivamente elementi di identità politica e sociale legittimi ma che vanno adattati al futuro che si vuol costruire.

La politica estera, almeno allo stato attuale, non mostra realisticamente grandi margini di azione, anche se va segnalata una certa disattenzione nei confronti dei progetti imperiali cinesi, che nella sostanza non si discostano da quelli russi. L’UE va certo consolidata, ma se si vorrà costruire un nucleo portante di Stato Europa a cui conferire sovranità in materia non solo monetaria, forse sarà bene limitarsi per il prossimo futuro ai paesi fondatori.

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