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Tutte le convergenze (anti Germania) di Meloni e Macron. L’analisi di Fabbri (Domino)

Come si muoverà il governo Meloni su Ucraina, Russia, Ue, Usa, Cina e non solo. L'analisi di Dario Fabbri, direttore del mensile di geopolitica "Domino", sentito da Marco Orioles

 

Le relazioni italo-francesi che si svilupperanno lungo i binari del Trattato del Quirinale, al fine di bilanciare il peso dell’ingombrante Germania e di impedire il ritorno alle politiche di austerity care a Berlino; un rapporto con gli Usa considerato “soddisfacente” che permetterà di mantenere una linea convintamente atlantista, anche per ciò che concerne il dossier Ucraina; continuità con il governo Draghi nell’approccio anticinese.

Questa la possibile direzione della politica estera del nuovo governo italiano secondo Dario Fabbri, analista e direttore della rivista Domino.

Fabbri esorta anche a non soffermarsi troppo sulle personalità e le posizioni ideologiche, che in politica estera contano “essenzialmente zero”, ma a guardare invece al cuore dell’interesse nazionale italiano.

Fabbri, il primo incontro internazionale di Giorgia Meloni premier è stato con Macron. Come vede svilupparsi in prospettiva il dialogo tra personalità agli antipodi come da un lato il presidente francese e dall’altro la leader di un partito che un anno fa fece votare contro la ratifica del Trattato del Quirinale?

Personalmente credo che le posizioni ideologiche per quanto riguarda la gestione della politica estera contino essenzialmente zero. Meloni ha avuto spesso sortite antifrancesi oltre che antitedesche, nel senso che ha spesso criticato la politica industriale della Francia nel nostro Paese e gli eccessivi legami con Parigi che a suo avviso ci pongono in posizione subordinata anche attraverso il Trattato del Quirinale.

Detto ciò, credo che, al di là delle simpatie o antipatie, tutto ciò non pesi di per sé a livello di dichiarazioni. Ciò che conta è la volontà francese di mantenere un legame stretto con noi, ovviamente con la Francia socio di maggioranza e noi soci di minoranza, per aumentare tanto il loro peso quanto il nostro in riferimento alla Germania.

Insomma, dovrebbe essere un passaggio di interesse reciproco per Italia e Francia al di là delle differenze e della competizione che sono tutte questioni molto reali, dall’industria al Nordafrica al Sahel ecc. Ma Roma e Parigi hanno bisogno l’una dell’altra per arginare soprattutto il possibile ritorno dell’austerity. Io non so dire se Meloni abbia giù superato questa fase e sia già verso l’accettazione di questo paradigma, di questo rapporto con Parigi, ciò che è certo è che il presidente Mattarella preme molto affinché tutto questo si verifichi.

Su quali dossier si potranno o dovranno promuovere sinergie tra Italia e Francia?

Ci sono certamente interessi in comune tra Francia e Italia, a partire da quello comune ad arginare la potenza tedesca che si sta dimostrando, come inevitabile, unilaterale, vedi ad esempio l’assegnazione di 200 miliardi di euro da parte della Cancelleria di Berlino per schermare le aziende locali dal caro energia. Altro interesse comune è impedire il ritorno dell’austerity voluto dalla Germania e che è funzionale ai suoi interessi. Poi i francesi ci vogliono nel Sahel adesso, mentre prima non ci volevano, per sostituire alcuni loro militari che se ne vanno. Questo può anche essere nei nostri interessi, ammesso che poi ci dimostriamo capaci di gestire la situazione a nostro vantaggio.

In che misura il governo Meloni potrà confermare o rafforzare la linea pro Usa e pro Nato del governo Draghi?

Mi pare evidente che Meloni consideri soddisfacente il nostro rapporto con gli Stati Uniti e specialmente che sia consapevole che non può essere modificato, come ho scritto nell’ultimo editoriale di Domino. La nostra posizione nei confronti dell’Ucraina dunque rimarrà, penso, la medesima del precedente governo. Molto dipenderà dagli sviluppi che ci saranno: in particolare da ciò che potrà succedere sul fronte della crisi energetica. Ma non credo che siano possibili virate da parte italiana rispetto alla posizione atlantista, perché sarebbe una svolta che andrebbe oltre le nostre capacità di incidenza; ma soprattutto nel momento in cui il nostro governo intende ristrutturare il rapporto con la Germania e parzialmente con la Francia di certo non può riuscirci se ha contro anche gli Stati Uniti.

Il governo Meloni manterrà o intensificherà la posizione anticinese dell’esecutivo Draghi?

Immagino che il governo Meloni conservi la posizione anticinese che è stata anche del governo Draghi. Non so dire se la intensificherà, ma semplicemente ci sarà continuità da quel punto di vista.

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