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Giorgetti

Che cosa si dice nella maggioranza di governo sull’Ucraina

La Lega si discosta dalla linea di Meloni sulla guerra in Ucraina? I Graffi di Damato

 

Spero che, fragile come lei stessa una volta si dichiarò al freddo o ai colpi d’aria, Giorgia Meloni non debba disertare il Consiglio europeo di domani per il “gelo” che – stando ai titoli e titoletti sulle prime pagine della Stampa e di Repubblica – le ha procurato ieri al Senato la Lega. Che prima non ha trovato un ministro, dico uno, che potesse raggiungere i banchi del governo nella discussione sul vertice di Bruxelles. Il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, recentemente festeggiato dalla premier in persona per il cinquantesimo compleanno con tanto di karaoke in coppia, è stato trattenuto altrove chissà da quali impegni più urgenti: magari la contemplazione del plastico del ponte sullo stretto di Messina. Poi la Lega ha ritenuto di intervenire nella discussione con un discorso del capogruppo Massimiliano Romeo a dir poco distonico rispetto alla linea esposta dalla presidente del Consiglio sulla guerra in Ucraina, di cui si occuperà il Consiglio europeo con altri temi.

IL VOTO (E LE ASSENZE) DELLA LEGA SULL’UCRAINA

Poi ancora, è vero, i senatori leghisti – come ha tenuto a ricordare il ministro meloniano dei rapporti col Parlamento, Luca Ciriani – hanno votato con gli alleati di centrodestra, o di destra-centro, e col cosiddetto terzo polo, la mozione di sostegno, indirizzo e quant’altro al governo per il vertice di Bruxelles, dove è scontata la conferma degli aiuti militari all’Ucraina aggredita dalla Russia di Putin. Ma quelle assenze leghiste dai banchi del governo e le parole del capogruppo del Carroccio rimangono certamente una macchia vistosa, anche per il sarcastico invito dell’oratore ai colleghi del partito della Meloni di “non distrarsi” durante il suo intervento, cioè di starlo a sentire ben bene. E di cose a sorpresa, diciamo così, Romeo ne aveva in mente: per esempio, l’avvertimento che “la corsa ad armamenti sempre più potenti” all’Ucraina “porta al rischio di un incidente da cui non si può tornare indietro”.

Peccato, per lui, che a distrarsi in quel momento non erano gli alleati meloniani ma gli oppositori grillini, ai quali è sfuggita pertanto l’occasione di un applauso che avrebbe soddisfatto quanto meno la vanità del capogruppo leghista. O lo avrebbe ringiovanito, riportandolo all’anno o poco più della maggioranza grigioverde della scorsa legislatura. Non si è distratta invece la capogruppo del Pd, che poi ha rilasciato dichiarazioni per chiedere, praticamente, a che titolo la Lega faccia ancora parte del governo e della maggioranza,

IL RUOLO DELL’AMBASCIATORE RAZOV

Fuori dall’aula del Senato non si sarà certamente distratto – se non era dentro in qualche tribuna riservata agli ospiti – l’attivissimo ambasciatore russo a Roma Sergej Razov. Che conosca bene i leghisti italiani e il loro capo, cui anticipò i soldi per un viaggio non proprio turistico a Mosca, l’anno scorso, annullato all’ultimo momento. Razov fa rima col nome assegnato al capogruppo della Lega oggi dal Foglio in un titolo di prima pagina a titolo di aggiornamento anagrafico di tipo rigorosamente politico: Romeozov.

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