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Che cosa succede fra governo Meloni e trumpiani

Le ultime novità sul governo e le reazioni, un po' strampalate, delle opposizioni. La nota di Paola Sacchi

 

Se l’immagine principale che sta dando di sé il cosiddetto campo largo dell’opposizione è quella della mesta e tortuosa vicenda dei conti che non tornano della campagna elettorale a 5 stelle della giunta sarda della pentastellata Alessandra Todde, mentre il premier Giorgia Meloni si distingue per le sue scintillanti performance in politica estera, facendo oggettivamente asse transoceanico tra i luccichii di una bella serata a Mar-a-Lago con il presidente eletto degli Usa, Trump, e Bruxelles, neppure da stupirsi un po’ se il rosicamento sembra ormai l’unica bussola guida delle opposizioni e dei media più vicini.

E, quindi, rosica qui e rosica là, mentre Trump elogia “Giorgia che ha preso d’assalto l’Europa”, tra le solite analisi accigliate che da anni ormai vanno avanti spargendo dubbi dall’ovvietà catalaniana (nel senso di Max Catalano degli show arboriani) sul fatto che le cose potrebbero sempre peggiorare e che in politica accade che alla fine si possa anche perdere, ecco, rosica qui e rosica là, scatta la contro-narrazione con nel mirino il premier (“donna sola al comando”) dal sapore un po’ fumettistico.

Si va subito alla ricerca di presunte incazzature in primis di Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri, che sarebbe così stato addirittura esautorato sul drammatico caso di Cecilia Sala, detenuta tuttora in Iran, e dell’altro vicepremier, il titolare del Mit Matteo Salvini, che in questo caso sarebbe stato addirittura esautorato dall’essere il principale referente del trumpismo in Italia.

Ora, che il leader leghista sia stato colui che nel centrodestra ha più scommesso sulla vittoria di Trump è un fatto acclarato, ma, ovviamente non solo Salvini, anche i bambini sanno che la politica estera soprattutto in certi snodi così importanti la fa il premier innanzitutto. E in ogni caso la visita a Mar-a-Lago ha fatto seguito a quella di capi di Stato come l’ungherese Orban e l’argentino Milei e al primo incontro a Parigi tra Trump e Meloni.

Quanto al ministro degli Esteri che sarebbe stato esautorato, è in agenda in settimana un suo incontro con il sottosegretario di Stato Blinken, con cui Tajani ha costruito da tempo un solido e cordiale rapporto anche sul piano personale. Molto importante anche questo per affrontare con l’esponente dell’amministrazione Biden, in carica fino al 20 gennaio, il caso Sala e il drammatico intreccio con la sorte dell’ingegnere dei droni iraniano, Abedini, recluso in Italia su indicazione di Washington che ne vorrebbe l’estradizione. E che invece Teheran rivorrebbe libero in cambio del rilascio della giornalista nostra connazionale.

In tutto questo Matteo Renzi ha promesso fuoco e fiamme su una notizia lanciata da Bloomberg relativa a un presunto appalto di un miliardo e mezzo del governo a Elon Musk su tecnologia e sicurezza. Palazzo Chigi replica secco smentendo “che siano stati firmati contratti o siano stati conclusi accordi tra il Governo italiano e la società SpaceX per l’uso del sistema di comunicazioni satellitari Starlink”.

La nota spiega: “Le interlocuzioni con SpaceX rientrano nei normali approfondimenti che gli apparati dello Stato hanno con le società, in questo caso con quelle che si occupano di connessioni protette per le esigenze di comunicazione di dati crittografati”. Infine, smentita “ancora più categorica, considerandola semplicemente ridicola” della “notizia che il tema di SpaceX sia stato trattato durante l’incontro con il Presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump”.

Salvini, in una sua nota, intanto, ricorda che “Musk è un protagonista dell’innovazione a livello mondiale”. E che, quindi, “un eventuale accordo con lui per garantire connessione e modernità in tutta Italia non sarebbe un pericolo ma una opportunità”. Anzi, fa un invito a Meloni: “Confido che il governo acceleri in questa direzione, perché offrire servizi migliori ai cittadini è un dovere”.

Ora naturalmente anche questa nota di Salvini, che ha subito detto “bene Giorgia da Trump”, sembra destinata a costituire un altro tassello, per rinfrescare i retroscena su presunti ri-inizi di crepe nel governo, della contro-narrazione del rosicamento della sinistra. Aggravato anche dal fatto che in tutto questo il titolare del Mef Giancarlo Giorgetti, anche pilastro da sempre della Lega, è stato incoronato dal mensile “The Banker” del “Financial Times” ministro delle Finanze dell’anno. Ma al Paese in cambio il cosiddetto campo largo che dovrebbe essere il fronte alternativo non ha mai da offrire, oltre alle fisiologiche contestazioni, vere proposte. Ma solo al momento il mesto spettacolo del caso della giunta Todde, l’unica guidata da una esponente pentastellata, dove i conti della campagna elettorale non tornano.

Ma il garantismo, proprio quello che i 5 stelle e anche gli alleati del Pd negano agli altri, deve essere sempre il faro guida. Non manca chi, pur di attaccare il governo, scomoda addirittura Bettino Craxi per tesserne elogi su Sigonella, in buona sostanza per ricordare a Meloni che lei non avrebbe il coraggio di Craxi. Ora, a parte che trattasi di epoche, personaggi, fatti molto diversi, la cosa che più colpisce è che a scoprirsi all’improvviso “craxiani”, a 25 anni il prossimo 19 gennaio dalla drammatica morte a Hammamet dello statista socialista, siano proprio certi media i cui editori contribuirono al clima che mandò a morire Craxi in esilio, a 65 anni.

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