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Campo Largo

Goffredo Bettini, l’uomo che dalla Thailandia sussurra ai cavalli della sinistra italiana

Come e perché Goffredo Bettini continua a imperversare sui giornali italiani? I Graffi di Damato.

Oggi “pronto” sul Riformista addirittura alle elezioni anticipate, in un’intervista ai quotidiani Il Giorno, Resto del Carlino e Nazione sommersa da cronache internazionali e interne più stringenti Goffredo Bettini si è riproposto ieri come l’uomo che sussurra ai cavalli della sinistra italiana in tutte le edizioni ch’egli ha vissuto in più di 50 dei suoi quasi 72 anni di età: dai tempi del Pci a quelli del Pd. E, per quanto riguarda il Pd, dai tempi di Walter Veltroni – ora restituito quasi del tutto al giornalismo con gli editoriali sul Corriere delle Sera – a quelli in corso di Elly Schlein. Che par di capire sia riuscita simpatica all’aspirante consigliere, suggeritore e quant’altro, Ma ancor più lo sarebbe se accettasse la prospettiva di imitare i lontanissimi Palmiro Togliatti e Aldo Moro, capaci di finire in minoranza nelle direzioni dei loro partiti sopravvivendovi fino alla morte: naturale per l’uno, violenta per l’altro, ucciso dalle brigate rosse.

Quello che purtroppo Bettini, nella sua cultura o formazione romana completata con i riti contemplativi della Thailandia, non riesce a superare è il limite tattico, assai contingente, delle sue esortazioni ai dirigenti di turno della sua parte politica. Un limite oltre il quale questa volta, a dire il vero, ha cercato di spingersi facendola però così grossa, per giunta con quel fisico di cui dispone, che gli sarebbe difficile cercare di coprirla, come la buonanima di Amintore Fanfani intimava agli amici democristiani che finivano sotto i suoi sferzanti giudizi.

Esaurita la tattica consigliando alla Schlein di giocare sì con Matteo Renzi, e non solo al pallone, senza lasciarsene troppo condizionare, e comunque preferendogli sempre Giuseppe Conte, da lui promosso cinque anni fa con Nicola Zingaretti, allora segretario del Pd, come il “punto di riferimento più alto dei progressisti italiani”; esaurita, dicevo, questa parte tattica dei suoi ragionamenti e consigli, Bettini ha voluto volare sulla strategia cercando le ragioni profonde della crisi della sinistra.

In questo volo acrobatico compiuto tanto in alto da portarlo sopra l’intero Occidente, e non solo l’Italia, Bettini ha scoperto, sentenziato e quant’altro che “dall’89 si è spenta la speranza di un mondo più umano e più giusto”. “Il risultato – ha detto – è sotto gli occhi di tutto: aumento delle diseguaglianze, crisi democratica e guerra”. Al singolare, comprensiva di tutte quelle “in pillole”, come dice il Papa, che si combattono nel mondo.

Poiché l’89 fu l’anno non tanto della formazione del sesto e penultimo governo di Giulio Andreotti in Italia quanto – sul piano mondiale – l’anno della caduta del muro di Berlino e del comunismo che doveva proteggerlo, si dovrebbe dedurre che la sinistra dovrebbe maledirlo. Ma che stai a dì, Goffredo?, detto molto alla romana, senza inflessioni asiatiche.

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