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Shoah

Tutte le fissazioni dei giornali anti Meloni

Chi sono gli smemorati di carta dopo la matrice nazifascista della Shoah riconosciuta dalla Meloni.

All’indomani della Giornata della Memoria, politicamente caratterizzata dal richiamo del capo dello Stato alla matrice non solo nazista ma anche fascista della Shoah, usato dalle opposizioni politiche e mediatiche contro il governo in carica, il più a destra nella storia della Repubblica, più di quello democristiano di Fermando Tambroni del 1960 appoggiato esternamente dai missini fra sanguinose proteste di piazza; all’indomani, dicevo, di questa Giornata della Memoria solo il minore dei giornali del gruppo Gedi, cioè degli eredi degli Agnelli, ha ritenuto di dovere titolare sulla pronta e onesta reazione di Giorgia Meloni. È stato Il Secolo XIX, di Genova, la città peraltro in cui in quel 1960 il Movimento Sociale volle tenere provocatoriamente il suo congresso nazionale per vantarsi del maggiore ruolo assunto nella politica italiana partecipando alla maggioranza.

I TITOLI DEL SECOLO XIX, DELLA STAMPA, DI REPUBBLICA E NON SOLO

“Meloni: la Shoah fu un crimine nazifascista”, ha titolato in apertura della prima pagina il quotidiano genovese dedicando il secondo rigo alla senatrice a vita Liliana Segre e al suo ricordo dei bimbi uccisi il 7 ottobre scorso in Israele dai terroristi di Hamas. Che adesso per le reazioni provocate dal loro pogrom si sentono sfrontatamente vittime di genocidio, con la popolazione di Gaza che essi continuano a usare come scudi umani.

Il secondo giornale degli Agnelli, la storica Stampa di Torino, ha infilato solo nel cosiddetto sommario del titolo la “malvagità nazifascista” riconosciuta dalla Meloni, come anche il Corriere della Sera che ha preferito privilegiare le “tensioni” della giornata.

Il primo giornale del gruppo, l’ammiraglia della flotta Gedi, la Repubblica di carta un po’ concorrente di quella vera del Quirinale, ha avuto altro di cui occuparsi a scopo, diciamo così, promozionale, continuando ad arrotolarsi con un editoriale del suo direttore Maurizio Molinari nel lenzuolo della vittima di un governo che ha osato dissentire dai suoi attacchi e dalle scelte del suo editore. “In difesa della libertà di informare”, è il titolo assegnatosi da Molinari, che intanto si è dimenticato – diciamo così -di informare i lettori in prima pagina delle dichiarazioni della premier che hanno smentito la contrapposizione attribuitale nei riguardi del discorso pronunciato dal presidente della Repubblica. Un’informazione alquanto distratta, direi per non scrivere di peggio, come forse meriterebbe.

Anche al manifesto, che di solito riesce a darsi una misura nella polemica, hanno voluto lamentare “la memoria selettiva della destra” perché “il governo – hanno stampato in rosso ignorando le parole della Meloni – celebra il 27 gennaio aggirando la condanna del fascismo”.

La ciliegina sulla torta della sfrontatezza è stata, come al solito, quella della vignetta del Fatto Quotidiano con la Meloni a braccio teso sotto il titolo della “brutta bestia la memoria”. È la stampa bellezza, diceva a Casablanca Humphrey Bogart già nel 1942.

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