Eppure della conferenza stampa di Giorgia Meloni dopo le misure adottate dal Consiglio dei Ministri contro non l’indisciplina ma la criminalità minorile, non mi ha interessato tanto il contenuto largamente anticipato del decreto legge che porta il nome di Caivano, dove la premier aveva preannunciato l’intervento del governo e la decisione, confermata ieri, di “metterci la faccia” nell’impegno di portare lo Stato dove non c’è. “La mamma di ferro”, ha titolato su Libero il nuovo direttore Mario Sechi, reduce dall’esperienza di capo dell’ufficio stampa di Palazzo Chigi. “Stato di pulizia”, non di polizia, ha coraggiosamente titolato L’Identità di Tommaso Cerno mettendo una scopa fra le mani della Meloni. Che invece l’Unità, anche a costo di tornare davvero quello che era ai tempi di un certo comunismo trinariciuto, che vedeva fascismo dappertutto, ha creduto di ridicolizzare come edizione femminile di un Mussolini deciso a “spezzare le reni ai ragazzini”.
No. Della Meloni ingiustamente fascistizzata – ahimè – dal mio amico Piero Sansonetti, mi ha interessato di più la lezione che le è stato improvvidamente permesso di dare ai giornalisti in tema di libertà di stampa proponendole praticamente di dissociarsi dal convivente e padre di sua figlia che nell’esercizio della sua professione di conduttore televisivo ha esortato le ragazze a non ubriacarsi, drogarsi e simili nelle feste per evitare “il lupo” di turno.
Pur attribuendo, a mio avviso esageratamente, al suo Andrea Giambruno un “modo frettoloso e assertivo”, la premier ha riconosciuto nelle sue parole quelle che la mamma le diceva a suo tempo: “Occhi aperti e testa sulle spalle”. Che non significavano – ha spiegato per certi versi la figlia ormai cresciuta sino a guidare un governo – “se giri in minigonna ti possono violentare”. E non devi protestare o denunciare – aggiungo io – perché in fondo te la sei cercata.
Dove la Meloni ha dato ai critici del suo convivente e ai propri avversari politici la lezione cui accennavo, di giornalismo ma anche di cultura, è nel passaggio della sua lunga risposta a chi – naturalmente del Fatto Quotidiano – l’aveva trascinata nella polemica in cui ha detto. “Vorrei capire qual è la lettura che voi date del concetto di libertà di stampa”. “Per come la vedo io – ha aggiunto – un giornalista non dice in televisione quel che pensa la moglie”. E ne risponde personalmente, non familiarmente, protetto anche lui – aggiungerei – dall’articolo 21 della Costituzione. Che riconosce a “tutti”, proprio tutti, anche al convivente di una premier, di “manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
Siano purtroppo ridotti così male, anche noi giornalisti, da meritarci di dovercelo fare praticamente ricordare in conferenza stampa, come dicevo, da un, anzi una presidente del Consiglio. Me ne vergogno un po’, lo ammetto.