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Giorgetti

Chi e come rosica per il successo di Giorgia Meloni al G20 di Bali

Cosa scrivono i giornali sul G20 di Giorgia Meloni. I Graffi di Damato.

 

Giorgia Meloni ha cantato “successo”, credo non a torto, a conclusione del G20 che l’ha fatta esordire a livello mondiale, caricandola anche della simpatia guadagnatasi come mamma portando con sé la figlioletta Ginevra. E mettendo a tacere le immancabili critiche in Italia, dove l’animosità politica prevale solitamente su tutto, col monito sacrosanto che la gestione della sua bambina è affare personalissimo.

Le richieste di incontri bilaterali che la premier ha ricevuto in terra indonesiana sono state tante che per soddisfare quella del presidente cinese ha dovuto rinviare la partenza. E nel vederlo in foto a tu per tu con lei, veniva voglia di scambiare Xi per un Guido Crosetto rosso: l’attuale ministro italiano della Difesa che alla fondazione dei fratelli d’Italia sollevò la Meloni fra le sue braccia come King Kong nei famosissimi film.

L’unico praticamente a rimanere sulle sue, almeno fra quelli su cui si aveva una certa curiosità a sapere di più, è stato il presidente francese Emmanuel Macron. Che al tavolo dell’incontro fra i leader occidentali si è risparmiato di vedersela trovata accanto, separata dal cancelliere tedesco Scholz.

Se ne sarà dispiaciuto a distanza – credo, anzi spero – il buon presidente della Repubblica Sergio Mattarella vedendo le immagini da Roma, con tutto il gran da fare in cui si è speso personalmente al telefono per chiudere l’incidente fra i governi italiano e francese sulla vicenda della nave Ocean Viking. Che per una volta ha potuto sbarcare i suoi migranti soccorsi nel Mediterraneo in un porto francese anziché nel solito scalo italiano preferito dalle organizzazioni volontarie battenti le bandiere più diverse. A questo punto, francamente, cioè al punto in cui Macron ha voluto fare arrivare e mantenere la tensione, diventa francamente difficile dire se è più disumano il trattamento italiano dei migranti per mare o quello francese dei migranti per terra, particolarmente lungo i confini fra i nostri due Paesi.

Sul perdurante “gelo con Macron” hanno preferito titolare la Repubblica e la Stampa, come per darne la colpa, o comunque il demerito, alla premier italiana, forse troppo giovane o inesperta per essere presa sul serio dal presidente francese per più di quell’incontro galeotto a Roma su una terrazza del Gianicolo. Che avvenne – per quanto mi risulta – soprattutto per i buoni uffici dell’ex presidente del Consiglio Mario Draghi, considerato da Macron all’altezza della sua amicizia e della sua considerazione.

Un po’ troppa puzza sotto il naso nei riguardi della Meloni al G20, figlia o non figlia al seguito, ha mostrato di averla in Italia sul Riformista anche Claudia Fusani. Che, confermando il cliché delle donne che diffidano di loro più degli uomini, o le femmine dei maschi, ha scritto abbastanza velenosamente in prima pagina: “Giorgia Meloni dimentica per qualche giorno i problemi con la Francia e si atteggia a grande statista internazionale al G20 di Bali. “Un successo” ha detto. Ma la sua presenza conta poco, una gregaria”. Carinerie di genere, diciamo.

Da Bali comunque la premier italiana è potuta partire anche col sollievo di avere toccato con mano, per quel poco che è durata la presenza del ministro degli Esteri russo al summit mondiale, lo scarso favore per Putin e la sua guerra all’Ucraina, che gli aggrediti stanno fronteggiando con gli aiuti militari pure dell’Italia. Peraltro la gestione dell’incidente occorso in Polonia con “pezzi di missili” caduti a poca distanza dalla frontiera con l’Ucraina bombardata dai russi ha dimostrato che gli americani – contrariamente a quanto scrivono e dicono i putiniani d’Italia – non muoiono per niente dalla voglia di cavalcare quel conflitto. Che avrebbero addirittura provocato per inguaiare sia Putin sia l’Europa. Le cose non stanno per niente così dietrologicamente.

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