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Come gestire l’immigrazione, altrimenti sarà invasione. Parla il prof. Sapelli

"L'immigrazione va governata, bloccarla è impossibile. Serve investire in formazione e strutture in Africa e far arrivare da noi il personale di cui le industrie e i servizi hanno bisogno. Si sveglino le borghesie e le imprese, non solo gli Stati". L'intervista di Italia Oggi a Giulio Sapelli, storico ed economista

 

«L’immigrazione va governata, bloccarla è impossibile. Serve investire in formazione e strutture in Africa e far arrivare da noi il personale di cui le industrie e i servizi hanno bisogno. Si sveglino le borghesie, le imprese, non solo i singoli stati», dice Giulio Sapelli, storico ed economista, «assordante anche il silenzio dei sindacati che sanno solo piatire diritti per tutti ma non si fanno capofila di un vero processo di innovazione». E intanto sull’emergenza sbarchi, «dobbiamo metterci in testa due cosa. La prima: gli altri paesi europei gli immigrati non li vogliono, a una diversa ripartizione non ci staranno mai, dobbiamo tenerceli noi. La seconda: i risultati di una buona politica di immigrazione si vedranno tra decenni». Quindi: “Nei prossimi vent’anni metà della crescita demografica del pianeta si concentrerà in Africa, nel 2050 gli africani saranno tre volte gli europei. Come ci cinturiamo? Prima che arrivino loro da noi dobbiamo essere noi a sceglier chi far venire. Il problema non è fare accoglienza, come qualcuno dice, ma programmare l’immigrazione”.

Che risultati porta a casa Giorgia Meloni da New York?

Intanto ha dimostrato di aver preparato in modo intelligente la presenza dell’Italia, avvalendosi di persone competenti come Stefania Craxi e appoggiandosi a un’ottima diplomazia. Già questo è un biglietto da visita che fa bene al Paese. Direi che però il dato politicamente più rilevante è costituito non tanto dall’aver rimarcato il sostegno all’Ucraina, che era abbastanza scontato, ma dagli incontri che ha avuto con i leader di alcuni paesi dell’Africa subsahariana come Ruanda e Malawi. Ha non solo così posto legittimamente il problema dell’immigrazione, ma ha anche iniziato a percorre la strada giusta per governare il fenomeno.

Quale strada?

Quella degli accordi di partenariato economico, bisogna puntare sugli stati africani subsahariani. È la vera svolta per lo sviluppo di quelle aree e per la gestione intelligente dei migranti sul vecchio continente. L’esempio è quello dell’accordo sottoscritto dai tedeschi con il Kenya per dare una collocazione lavorativa in Germania a giovani kenioti addestrati nel paese di origine in base al fabbisogno delle imprese tedesche. Non si può affidare al libero mercato il fenomeno dell’immigrazione economica, va gestito anche utilizzando le organizzazioni collaterali che operano sul territorio.

E i paesi rivieraschi?

Per carità, sono un’altra Africa, in maggioranza sono un’Africa araba, e sono stati gli arabi e praticare lo schiavismo, islamica. Cosa diversa da paesi come Kenya, Senegal, Niger e Congo che per le dominazioni che hanno avuto hanno una diversa spinta verso la civilizzazione al di là delle guerre interne frutto dello scontro antico tra Francia e Inghilterra. Con questi paesi è possibile intavolare dei partenariati tra le borghesie europee e le borghesie locali per soddisfare i rispettivi interessi.

È il piano Mattei per l’Africa?

Me lo auguro, se è ispirato a Mattei, non può che puntare allo sviluppo capitalistico africano. Del resto è l’unico modo anche per tornare ad avere un ruolo sullo scacchiere internazionale. In Africa abbiamo avuto il crollo della presenza della Francia, ora la Cina, a partire dal Corno d’Africa e grazie all’appoggio della Russia, sta cercando di approfittarne. Gli stati europei possono tornare a giocare un ruolo sul continente nero. Si sveglino le borghesie, le imprese, non solo i singoli stati. Trovo assordante anche il silenzio dei sindacati che sanno solo piatire diritti per tutti ma non si fanno capofila di un vero processo di innovazione.

E i diritti civili e politici nei paesi africani?

Alt, pensare di trovare intese solo con altre democrazie significa stare fuori dal mondo. Quello che serve per intavolare accordi proficui è che vi sia ordine sociale, non possiamo pretendere che vi sia la democrazia come la intendiamo noi. Occorre realismo.

Accordi per fare cosa?

Serve investire in formazione e strutture in Africa e far arrivare da noi il personale di cui le industrie e i servizi hanno bisogno. Quelli che emigrano per motivi economici sono nei loro paesi rappresentanti di una piccola borghesia, sembra assurdo ma è così, in grado di pagarsi il viaggio con gli scafisti per arrivare da noi. Vanno immessi in un canale di formazione e di ingresso. È l’unica cosa che può funzionare, il resto sono chiacchiere.

Intanto però l’emergenza sta scoppiando in Italia.

Dobbiamo metterci in testa due cosa. La prima: gli altri paesi europei gli immigrati non li vogliono, a una diversa ripartizione non ci staranno mai, dobbiamo tenerceli noi, al massimo ci metteranno qualche risorsa in più. La seconda: i risultati di una buona politica di immigrazione si vedranno tra decenni. I blocchi non servono, sa di che numeri stiamo parlando?

(Estratto di una intervista pubblicata su Italia Oggi)

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