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Economia Tedesca

Come sarà il programma del governo Scholz

Tutti gli effetti del voto in Germania. L'approfondimento di Pierluigi Mennitti da Berlino

 

A due settimane dal voto in Germania molti cambiamento sono avvenuti sulla scena politica, contribuendo a chiarire il quadro nel quale si muoveranno i partiti nei prossimi mesi. Le elezioni del 2021 saranno ricordate come un momento di cesura nella storia della Bundesrepublik. Il dato elettorale ha chiuso la lunga fase dei governi presieduti da Angela Merkel e ne ha aperto una tutta nuova di cui adesso si cominciano a delineare i contorni.

LA CRISI DEI PARTITI DI MASSA

Il primo elemento emerso all’indomani del voto è stato il protagonismo di quelli che un tempo erano considerati partiti minori, forze politiche destinate a giocare il ruolo di comprimari al fianco dei due grandi partiti di massa, Cdu e Spd. Un cuoco e due camerieri, era la regola di un tempo, già spezzata dalle Grosse Koalition, per necessità divenute una regola e non più un’eccezione. Questa volta c’è stato un passo ulteriore in avanti: i rapporti di forza si sono riequilibrati, i grandi partiti non sono più grandi (entrambi oscillano attorno al 25%) e i piccoli hanno ormai superato la soglia delle due cifre. E così sono stati Verdi e liberali a prendere in mano l’iniziativa per il nuovo governo, avviando per primi consultazioni fra di loro e decidendo poi con quale dei due partiti maggiori avviare le trattative.

IL RITORNO DEL SOCIAL LIBERISMO IN SALSA VERDE

La scelta è caduta senza troppe sorprese su Olaf Scholz, artefice di un vero e proprio miracolo elettorale. Al cancelliere in pectore d’altronde è bastato far quello che aveva fatto nell’ultimo mese di campagna elettorale: attendere. Attendere che iniziasse la resa dei conti nel campo della Cdu e che il rivale Armin Laschet venisse trascinato nel gorgo delle rivendicazioni interne. Le indiscrezioni spifferate alla Bild dal suo entourage dopo gli incontri riservati con liberali e Verdi, a dispetto della discrezionalità richiesta, hanno irritato i due partiti e fatto pendere l’ago della bilancia verso l’Spd, d’un tratto più solida e affidabile.

Ora la palla è stata consegnata a Scholz e il leader socialdemocratico ha tutto l’interesse a fare in fretta. Dovrà far ricordo a tutto il suo rinomato pragmatismo per trovare il punto di fusione con un partito liberale del tutto diverso da quello che nel 1969 Walter Scheel trascinò dalla storica alleanza con i conservatori a quella con i socialdemocratici di Willy Brandt. Su due punti il liberale Christian Lindner non sembra voler cedere: l’allentamento della regola del tetto al debito e l’aumento delle tasse. Il segretario generale dell’Fdp Volker Wissing, divenuto figura centrale nelle trattative, ha anticipato alla Bild di attendersi discussioni ruvide sui temi della finanza pubblica nelle prossime settimane.

È lo stesso fronte caldo a cui si preparano i Verdi, con il co-presidente Robert Habeck che sembra aver rubato la scena alla candidata Annalena Baerbock dopo la mezza delusione del voto. Sebbene i temi della tutela del clima siano al centro dell’agenda ecologista, ai Grünen non sfugge che tutta l’impalcatura del loro programma passa dalle strettoie della politica finanziaria. E su tasse e debiti anche i Verdi promettono battaglia.

NUOVO GOVERNO IN TEMPI RELATIVAMENTE BREVI?

Non sarà dunque una trattativa in discesa, nonostante gli elettori mostrino nei sondaggi un gradimento maggioritario per la coalizione Semaforo, piuttosto che per l’alternativa Giamaica che rimetterebbe in gioco la Cdu. Alla vigilia del via alla trattativa a tre, prevale comunque l’ottimismo. Olaf Scholz ha anche la scelta di molte cariche istituzionali da mettere sul tavolo, a cominciare da quella del presidente federale che verrà rinnovato fra quattro mesi (al momento è occupata dall’Spd Frank-Walter Steinmeier, che dal canto suo non disdegnerebbe un secondo giro).

Gli analisti sono ora convinti che, nonostante la complessità dell’accordo da raggiungere, il nuovo governo tedesco (un social liberismo modernizzato in salsa verde) potrà vedere la luce prima del previsto. Ne tengano conto quanti in Italia immaginano rimescolamenti degli equilibri europei grazie a un lungo vuoto nella politica tedesca.

L’AIUTO DA BERLINO

Una mano agli sforzi a livello nazionale potrà venire anche dalle trattative che parallelamente si svolgono a Berlino per la nuova amministrazione cittadina. Nella capitale si è votato anche per il rinnovo del Senato della città e pure qui a una esponente socialdemocratica è riuscito il prodigio di un’insperata rimonta. Franziska Giffey, ex ministra, esponente dell’ala moderata del partito, vorrebbe farla finita con l’alleanza rosso-rosso-vedre che ha governato gli ultimi anni. Nel suo cuore ci sarebbe una coalizione più spostata a destra, con liberali e magari anche Cdu, ma si accontenterebbe anche di segnare il solco per Scholz lavorando a un governo Semaforo anche per la capitale.

Darebbe così il segnale di una svolta più programmatica nella politica tedesca, un’alleanza destinata a governare su più piani e non solo a reggersi in piedi per mancanza di alternative.

LA RESA DEI CONTI NELLA CDU-CSU

A credere che l’Unione possa rientrare in gioco attraverso la coalizione Giamaica non è rimasto neppure Armin Laschet, che a questa ipotesi aveva legato la sua sopravvivenza politica. Il dopo Merkel si prospetta molto diverso rispetto a quel che gli stessi esponenti delle due formazioni democristiane avevano immaginato. Più che dividersi le spoglie di un’eredità, si tratta ora di ricostruire le fondamenta di un partito, per troppo tempo schiacciato sulla figura ingombrante della cancelliera.

Laschet ha dovuto fare molte marce indietro, fino a quella di promettere dimissioni a rate, nella speranza di poter governare il processo della successione. Cosa che in fondo non è riuscita neppure ad Angela Merkel.

Il partito è in fibrillazione, ognuno sembra correre per conto proprio, la Csu bavarese, la cosiddetta ala economica, Friedrich Merz, l’organizzazione giovanile, le federazioni regionali. Di fronte alle rivendicazioni degli sconfitti delle ultime sfide (Friedrich Merz, Markus Söder) avanza la tentazione di un vero e proprio salto generazionale. Due nomi di peso, Annegrett Kramp-Karrenbauer e Peter Atlmaier, hanno rinunciato ai propri mandati parlamentari per dare via libera ai secondo in lista, due giovani. Sulla voglia di un rinnovamento di facce e uomini gioca le sue ambizioni Jens Spahn, il ministro della Salute che fino a qualche tempo fa era considerato l’uomo su cui il partito avrebbe fatto meglio a puntare per il dopo Merkel. Ma la gestione della pandemia, alla fine, ha un po’ ammaccato anche la sua stella.

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