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Geopolitica del Mar Nero

Pubblichiamo la Prefazione a cura del direttore della Nato Defence College Foundation, Alessandro Politi, al volume Áxeinos! Geopolitica del Mar Nero di Mirko Messicci edito da goWare (2018)

Questo volume ha il grande pregio di riportare l’attenzione degli specialisti e dei decisori, se i loro staff fanno il loro lavoro, a una zona strategica per l’Unione europea, la Nato e l’Italia stessa. Il Mar Nero, salvo la crisi della Crimea e dell’Ucraina, tutt’ora perduranti, è spesso visto come un’appendice scontata e non troppo importante del Mar Mediterraneo; un errore di valutazione che non fece Cavour quando inviò le truppe piemontesi nella guerra di Crimea (1853-1856).

L’Italia di oggi, fuori dai facili proclami, ha un concreto interesse a definire e seguire con metodo una sua politica in questo e altri quadranti. Allora s’inviò un gettone di presenza per costruire credibilità e un’alleanza per la Seconda guerra d’Indipendenza, favorendo poi la guerra ibrida delle camicie rosse che conquistarono il Regno delle Due Sicilie senza reazioni internazionali. Oggi le missioni di pace, stabilizzazione e l’invio di personale diplomatico e seconded in posizioni chiave rappresenta l’equivalente dei bersaglieri d’allora, a patto di avere concentrazione ed efficacia sul terreno quando Roma non si distrae burocraticamente.

L’impostazione nettamente regionalista dell’opera aiuta a districarsi abbastanza agevolmente fra i diversi attori e facilita una lettura spigliata, tipica degli scritti che vogliono suscitare dibattito piuttosto che essere ascoltati distrattamente nelle anticamere delle cancellerie. L’importante è di usare il testo per quello che è, un battagliero primo approccio alla questione, usando poi l’esperienza per mettere a frutto le sue chiare indicazioni politiche. La scelta regionalistica ovviamente sconta l’assenza di un attore di peso: la Cina.

Tutte le potenze in ascesa non sono mai certe di raggiungere la loro meta: il grande progetto Belt and Road Initiative (BRI) può benissimo inciampare su se stesso e sulla mutevolezza delle condizioni economiche, ma nel frattempo è bene mettere in conto che la Cina eserciterà una forza gravitazionale rilevante da Shanghai a Rotterdam, coinvolgendo e attirando attori di peso come Pakistan, Iran, Turchia e Russia.

Dal 2004 il Mediterraneo è diventato di fatto un Cindoterraneo e gli equilibri del Mar Nero ne saranno considerevolmente influenzati. Questa rapida constatazione porta a dissentire con le teorie datate di Mackinder e Spykman, frutto dell’ossessione britannica di più di un secolo fa nel contenere la Russia zarista dall’accesso ai mari caldi. Che siano state riprese durante la Guerra Fredda non le rende più valide per il semplice fatto che il controllo della massa continentale non porta di per sé a nessun controllo del mondo. Senza una potenza navale efficace, le potenze eurasiatiche restano ingabbiate anche quando hanno accesso a porti levantini, coreani o vietnamiti (come ebbero l’impero mongolo o l’Urss, ad esempio).

Il Grande Gioco britannico antirusso ebbe molta meno efficacia della battaglia navale di Tsushima (1905) dove i giapponesi frustrarono per 80 anni qualunque velleità navale russa o sovietica. Quindi l’Ucraina è una posta in gioco importante per le sue ripercussioni politico-diplomatiche mondiali, ma non è certo il perno delle prossime potenze globali. Controllare cosa fa la Russia è molto importante, ma non guardare oltre l’orizzonte a Est e a Ovest è foriero di cocenti sorprese. L’altro punto di dissenso riguarda chiaramente la questione della Crimea e del conflitto intorno alle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk.

Pochi sembrano ricordarsi che la guerra nell’ex-Jugoslavia (1991-1999) è nata appunto perché si sono discussi i confini con la forza e non con la paziente mediazione politica; pochi rammentano che la Seconda guerra mondiale ha lasciato in giro per l’Europa confini che non corrispondono a eredità storiche molto radicate. Se si mantiene un forte consenso politico sul superamento delle frontiere grazie all’integrazione e a solide regole internazionali, quei confini restano inerti, altrimenti diventano mine dormienti nelle mani del primo ambizioso guerrafondaio e irresponsabile. L’intervento della Nato nel 1999 ha riaffermato esattamente il principio dell’inviolabilità delle frontiere in un continente che ha millenni di guerre alle spalle. Gli abitanti dello spazio coperto dalla reciproca dissuasione, grazie anche a questo principio (scrupolosamente rispettato anche dall’Urss), si sono potuti permettere di chiamare Guerra Fredda una terza guerra mondiale altrimenti molto calda per altri sfortunati paesi e popoli.

La Russia ha firmato, insieme a Regno Unito e Usa, un trattato per la salvaguardia dell’integrità dell’Ucraina nel 1993 e, se questo punto di principio prassi e legalità viene messo in dubbio, allora si apre la strada al self-service etno-nazionalista, proprio come nel periodo tra le prime due guerre mondiali. Per questo tanto l’Ue quanto la Nato, nonostante alcune posizioni nazionali men che limpide, sono esplicite nel rifiutare un fatto compiuto, anche perché le questioni nazionali irrisolte o mal risolte hanno la tendenza a durare generazioni e a modificarsi sul filo della demografia, come è visibile nel Levante.

La posizione dell’Alleanza (deterrenza e dialogo) non solo è frutto di un processo ben collaudato (rapporto Harmel) quando l’Unione Sovietica era un nemico e una minaccia nucleare dichiarata, non un indefinito competitore, ma ha il vantaggio di tener conto di fattori a volte sorvolati: nel giro di poco più di una generazione Russia e Ucraina saranno in crisi demografica seria e il problema potrebbe essere di evitarne un collasso, specie se i prezzi energetici resteranno bassi. In conclusione, il mondo oggi è molto più interdipendente di quando ci si chiedeva se fosse utile morire per Danzica e la chiarezza dei principi che mantengono pace e dissuasione risponde all’interesse nazionale perché aiuterà ancora una volta a ritrasformare l’area del Mar Nero da terreno di scontro in zona di comunicazione.

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