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Caro Galliani, sei sicuro che Berlusconi votava Dc e non anche Psi?

Che cosa dice e che cosa non dice Adriano Galliani su Silvio Berlusconi. I Graffi di Damato.

Come votava Silvio Berlusconi prima di fondare e votare, naturalmente, Forza Italia arrivando in poche settimane a Palazzo Chigi? Inutilmente contrastato da quella “gioiosa macchina da guerra” contro di lui guidata dall’ultimo segretario del Pci e primo del Pds Achille Occhetto? “Entrambi eravamo per la Democrazia Cristiana”, ha risposto il senatore Adriano Galliani in una intervista al Corriere della Sera nel secondo anniversario, che ricorre oggi, della morte dell’amico, socio, dipendente quale gli è stato dal 1979, quando fu chiamato ad Arcore e cominciò una loro comune avventura, anzi cavalcata, durata ininterrottamente sino alla morte del “dottore”, “cavaliere” e poi “presidente”, come via via Berlusconi venne chiamato nelle sue scalate al successo.

“In quegli anni non c’erano troppe correnti. Si era per l’America oppure per la Russia”, ha aggiunto Galliani alludendo non tanto alle correnti della Dc, che in verità erano parecchie, quanto alle aree politiche in generale. Che in effetti potevano essere ricondotte a due, filo-americana e filo-russa, con tutte le sfaccettature prodotte dalla evoluzione della politica interna, e anche internazionale. Nel 1976, tre anni prima che Galliani entrasse nel cerchio magico di Berlusconi e diciotto prima della fondazione di Forza Italia già il segretario del Pci Enrico Berlinguer, sostenitore dall’esterno di governi monocolori democristiani guidati da Giulio Andreotti diceva pubblicamente di sentirsi più sicuro sotto l’ombrello della Nato.

Galliani, per carità, avrà avuto i suoi motivi per parlare al plurale del voto alla Dc, insieme con Berlusconi, prima della fondazione di Forza Italia. Ma io ho ricordi o cognizioni diverse. Pur con un’infanzia e un’adolescenza familiarmente democristiane, sino a rischiare le botte affliggendo sui muri di Milano nel 1948, a soli dodici anni, i manifesti elettorali della Dc, Berlusconi aveva interrotto già da qualche tempo, prima di vitare per se stesso, di votare per lo scudo crociato. O di votare solo per lo scudo crociato.

A me personalmente, dopo la svolta autonomista del Psi e l’arrivo dell’ormai amico Bettino Craxi a Palazzo Chigi, nel 1983, Berlusconi confidò di sdoppiarsi nelle urne, diciamo così. Al Senato, col sistema uninominale, egli continuò a votare per la Dc, sperando che il candidato nel suo collegio fosse magari un simpatizzante di Arnaldo Forlani piuttosto che di Ciriaco De Mita, ma alla Camera votava per i socialisti grazie anche alla fortuna di poter dare la preferenza a Craxi in persona.

Caduta la cosiddetta prima Repubblica sotto la ghigliottina giudiziaria, che poi gli avversari avrebbero tentato di montare anche contro di lui, Berlusconi non a caso fu in grado di dirottare verso la sua Forza Italia una parte significativa dell’elettorato socialista, oltre a quello personale di Craxi. Perché nascondere o solo minimizzare questa parte del lavoro, dell’esperienza, della genialità, diciamo pure, di Berlusconi?, chiedo al mio amico Adriano.

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