Caro direttore,
Lucio Caracciolo ha ragione: sul piano politico-militare l’Italia deve – almeno dovrebbe – contare di più. Ma come? Mentre Finlandia e Svezia entrano solennemente nella NATO, per l’Italia uscire – come ha scritto Gregory Alegi – non avrebbe senso politico né utilità pratica: basti pensare agli asset delle comunicazioni aereo-spaziali.
Tuttavia il direttore di Limes pone un tema giusto (su cui Mario Draghi aveva iniziato a cimentarsi) nel rivendicare un maggior peso politico internazionale dell’Italia: si pensi soltanto alla sua grande responsabilità nel Mediterraneo e nell’area mediorientale.
Il mio suggerimento è riprendere, sulla base di una iniziativa diplomatica bipartisan di medio e lungo termine, la sfida molto difficile dell'”Allargamento dei Five Eyes” su cui, dopo una apertura del Congresso americano, nel 2021-22 aveva informalmente discusso anche il COPASIR.
Senza sperare in illusorie scorciatoie dall’effetto boomerang, l’Italia dovrebbe prima di tutto approfondire al suo interno la materia, anche perché l’obiettivo é molto difficile da raggiungere e c’è un costo “politico” da pagare: è imperativo abbandonare i comportamenti opachi che, di quando in quando, riaffiorano nel nostro paese.
Basta scorrere l’executive summary del FIORC (Five Eyes Intelligence Oversight and Review Council) che si è riunito a Washington dal 10 al 14 novembre 2022 per capire il valore la posta in gioco e quanto far parte dell’alleanza di intelligence sarebbe in linea con i nostri interessi nazionali. Lo sanno bene Germania, Giappone e Corea del Sud che da tempo hanno espresso questa loro aspirazione.
Perché parlo di costo? Il motivo è semplice: ci sono alcune residue cattive abitudini da tagliare. Non si può essere parte dei Five Eyes se si finanzia con il PNRR l’azienda di stato cinese ZTE; se si continua a lasciare ad una consociata di Gazprom la distribuzione del gas alle famiglie della riviera romagnola; se si fa gestire a un esponente russo uno scalo civile confinante con una base militare; se la politica dà troppo spazio ai consolati russi in Sicilia o a San Marino; se la nostra diplomazia si vanta di farsi inoculare il vaccino Sputnik, ecc. Una per una tutte piccole cose, ma la condivisione delle più importanti informazioni politiche, economiche e politiche globali implica l’assunzione di una grande responsabilità e di conseguenze comportamenti rigorosi e coerenti. Molto dipenderà anche dall’esito delle elezioni presidenziali di novembre.
Tuttavia, nel frattempo – nei panni del presidente del Consiglio – proporrei agli sherpa e soprattutto agli apparati di intelligence (servizi, II reparto SMD e Guardia di finanza) di preparare il terreno. Se saranno rose fioriranno; e, in ogni caso, da una messa a punto della macchina la Nazione ha tutto da guadagnare.