Gli indumenti indossati rappresentano lâeternitĂ del pontificato romano che sopravvive alle miserie umane.
Le spoglie mortali di Joseph Ratzinger, Benedetto XVI, resteranno esposte ancora fino a domani in Vaticano, secondo la tradizione. Come sempre accade â ma in questo caso piĂš che non in altri â lâuscita del pontefice da questo mondo è stata accompagnata da rispetto e rimpianto, ma anche da perplessitĂ e polemiche. Nessun dubbio che, a proposito di alcune fra queste ultime, un bel poâ di malevolenza e soprattutto dâignoranza si sia mischiata al riserbo e al dolore. Se e quando le cose non si conoscono, meglio sarebbe non parlarne o ammettere incomprensione e disinformazione. Ma evidentemente lâumiltĂ non è di moda.
Disteso sul letto funebre, vestito della pianeta scarlatta che rinvia alla gloria e al martirio in omaggio alle sofferenze sofferte e al trionfo del transito alla Vita Eterna, il pontefice calza sulla fronte la semplice mitria episcopale. Del resto, il triregno entrato nel cerimoniale liturgico con Bonifacio VIII fu abolito da Paolo VI; quanto alle scarpe nere, dinanzi alle quali qualcuno si è meravigliato ricordando forse le babbucce liturgiche scarlatte di altri papi, qui siamo davvero di fronte a una scabra, commovente immagine di umiltà .
LE SCARPE SCARLATTE
Ma a Benedetto XVI le scarpe scarlatte comunque non spettavano, come dopo la riforma delle vesti pontificie voluta da papa Francesco esse non spettano piĂš a nessuno.
Il rosso e lâoro dellâabito papale al quale tutti eravamo abituati era lâultimo ricordo delle insegne imperiali che i pontefici romani si erano arrogati, a quel che pare, almeno dallâVIII secolo in poi: vale a dire da quando uscĂŹ dalla cancelleria del vescovo di Roma, quello strano documento, il Constitutum Constantini, secondo il quale lâimperatore, abbandonando lâantica Roma per quella nuova che si era fatto costruire in riva al Bosforo, avrebbe donato al vescovo dellâUrbe le insegne imperiali facendolo di fatto padrone e custode dellâimpero. Lâidea del papa superiore a tutti gli imperi della terra, ripresa nellâXI secolo da papa Gregorio VII in polemica contro lâimperatore Enrico IV e quindi da Innocenzo III â che proclamò il vescovo di Roma non solo âsuccessore di Pietroâ, bensĂŹ anche âvicario del Cristoâ, con ciò postulando una regalitĂ eterna del Salvatore che si esprimeva nella successione continua dei suoi rappresentanti â ha dato vita a una visione della âregalitĂ del Sommo Ponteficeâ che ha continuato a esprimersi fino al âPapa-Reâ del XIX secolo ma anche oltre: le stesse istituzioni dello Stato CittĂ del Vaticano sono espressione di una sovranitĂ che non ha nulla di costituzionale: cioè che è âassolutaâ nel senso etimologico del termine, ad-soluta rispetto a qualunque condizionamento.
COME SARANNO LE ESEQUIE
GiovedĂŹ ci saranno le esequie. Non saranno esequie papali solenni, quelle spettanti al pontefice che tradizionalmente durano nove giorni, in quanto Benedetto XVI al titolo pontificio aveva rinunziato. Ma saranno presenti comunque due papi, quello effettivo vivente e quello emerito defunto. SarĂ un ulteriore tassello di questo mosaico dellâeccezione e del paradosso. Non avrebbe avuto senso, per un papa âdimissionarioâ, continuar a portare la veste candida di vicario del Cristo; come non ha senso (e difatti non accade) che un vescovo emerito continui a portare le insegne episcopali una volta raggiunti i termini di scadenza del suo mandato. Ma tutte le vicende relative alla funzione pontificia, da circa un decennio, si sono svolte allâinsegna del paradosso.
COSA FU IL PAPATO DI BENEDETTO XVI
Benedetto XVI fu un grande papa, che ebbe il coraggio di mettere a nudo e di affrontare le miserie e gli scandali della Chiesa. Gli mancò forse lâenergia sufficiente ad abbandonare le istituzioni che tanto amava e alle quali aveva donato per intero la vita e le energie di uomo e di studioso. Anche quando non si sentĂŹ allâaltezza dellâufficio al quale era stato chiamato, non volle venir meno al mantenimento di unâistituzione che gli era stata affidata.
Un grande studioso, Ernst Kantorowicz, nel âDoppio corpo del reâ, ha studiato il rapporto fra lâessere mortale che per qualche tempo presta vita fisica a unâistituzione eterna e lâeternitĂ di quella funzione che sopravvive a chi lâha rivestita. âIl re è morto; viva il re!â. Un altro grande studioso, Agostino Paravicini Bagliani, ha studiato in libri straordinari il âdoppio corpoâ del papa, lâimmortale e il mortale. LâeternitĂ del pontificato romano, che sopravvive alle miserie umane come lâarcobaleno sulla cascata.