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Cosa farà l’Italia in Mali?

Il Mali, dopo la Repubblica Centraficana, è pertanto diventato un terreno di scontro geopolitico tra Mosca e Parigi. La posizione dell'Italia e gli scenari. L'approfondimento di Aurelio Giansiracusa (Ares-Osservatorio Difesa)

 

In Mali si registra l’ennesimo cortocircuito tra la giunta “provvisoria” golpista e la Francia; oggetto dello scontro è nientemeno che Joel Meyer, l’ambasciatore di Parigi a Bamako espulso e sollecitato ad abbandonare il Paese entro 72 ore perché persona non gradita.

Ma il duello tra Bamako e Parigi è divenuto ormai quotidiano e la Task Force Takuba di giorno in giorno ne risente in termini di operatività e di prospettive. Non sono mancati neppure pesanti attacchi verbali al Ministro delle Forze Armate Francesi, Florence Parly, invitata più volte a tacere dai maliani. Ogni giorno nella capitale maliana si svolgono manifestazioni con gente che inveisce contro la Francia e contro gli Alleati ed ovviamente tutto ciò si riverbera sui rapporti sempre più in crisi tra Parigi e la sua ex colonia.

La giunta provvisoria ha cambiato atteggiamento rispetto il precedente Governo (pur esso golpista..) rispetto alla presenza francese e dei Paesi europei (nonché degli Stati Uniti) che operano nell’ambito dell’operazione Barkhane tesa a contrastare i gruppi di insorgenti di estrazione islamistica che compiono raid ed attacchi terroristici nella gigantesca area del Sahel.

I nuovi “padroni” di Bamako evidentemente hanno idee opposte rispetto i predecessori e stanno ostacolando in tutti i modi i movimenti militari della Coalizione.

La cosiddetta “goccia che ha fatto traboccare il vaso” o che “ha avvelenato i pozzi” è stata la richiesta di aiuto che Bakamo ha inoltrato a Mosca la quale ha subito risposto inviando i “turisti” della Wagner, una pseudo società di contractor, con buona approssimazione una longa manus dei Servizi di Sicurezza russi. Peraltro, la Wagner dovrebbe limitarsi a svolgere compiti di sicurezza della giunta ma ovviamente interpreta “a suo modo” il mandato ricevuto.

Tutto ciò ha ovviamente scatenato l’ira di Parigi e di alcuni Paesi che partecipano alla Task Force Takuba formata da Forze Speciali; infatti, la presenza della Wagner non è tollerata per tutta una serie di motivi e rappresenta l’ostacolo principale alla continuazione della missione.

La “cacciata” del massimo rappresentante francese nella sua ex colonia rappresenta un durissimo colpo per Parigi che è chiamata a ripensare velocemente alla strategia fin qui seguita per il contrasto del terrorismo in Africa.

Da tempo, Parigi aveva già messo in conto di dimezzare la sua presenza militare in Mali, ridispiegando le forze nei Paesi circostanti non ancora colpiti dalla “sindrome di Wagner”.

Ma c’è un problema da affrontare, un grosso problema; gli Alleati che collaborano ed affiancano i Francesi nella Task Force Takuba. Tra questi ci siamo noi che in Mali abbiamo inviato con compiti di supporto ed assistenza fino un massimo di 250 uomini autorizzati dal Parlamento con 3 elicotteri da trasporto CH 47F “Chinook”, in assetto medevac, 3 elicotteri da esplorazione e scorta AH-129D “Mangusta”, 4 squadre “Guardian Angel” che forniscono sicurezza da bordo dei CH-47F e durante le fasi di recupero del ferito in zona di operazioni, supporto logistico, supporto sanitario ed ulteriore personale per il comando della Task Force oltre del dispositivo nazionale.

Da notare che i CH-47F dell’EI rappresentano i più grossi e potenti elicotteri disponibili in Mali dopo il ritiro programmato dei CH-47 britannici e del fin qui mancato arrivo degli AW101 danesi (che allo stato attuale non arriveranno).

Gli stessi AH-129D rappresentano un preziosissimo contributo alla difesa del contingente nazionale ed internazionale viste le problematiche emerse con l’impiego del Tigre franco-tedesco che ha registrato più di un incidente e molte ore, rimanendo fermo a terra per problemi di manutenzione e di inefficienza irrisolti. Il nostro AH-129D ha già dato prova di efficienza tra Somalia, Iraq, Afghanistan rappresentando un vero moltiplicatore di forze.

Allo stato attuale la Svezia e la Danimarca hanno annunciato di voler ritirare i propri contingenti dalla Task Force Takuba; la stessa Germania ha avuto più di un problema a far giungere un suo velivolo A400M perché le autorità maliane negavano l’atterraggio, sostenendo che non erano state messe preventivamente al corrente del piano di volo. Altri Paesi europei che si erano detti disponibili ad impiegare uomini e mezzi in Mali hanno sospeso l’invio in attesa di chiarimenti che tardano ad arrivare.

In questa situazione, al di là delle consuete frasi di rito sulla cooperazione nella lotta al terrorismo e sulla necessità improrogabile della difesa europea, è necessario che si chiarisca in fretta la situazione perché, evidentemente, con un ritiro francese parziale od addirittura totale dal Mali o, quantomeno, dalla TF Takuba cambierebbe completamente lo scenario e Roma potrebbe non essere più disponibile a mantenere in Mali, assolutamente instabile e con la diffusa presenza russa, il proprio dispositivo militare di supporto che rimarrebbe esposto a possibili attacchi rinvigoriti dall’abbandono del campo da parte dei Francesi.

Anche il remoto Mali, dopo la Repubblica Centraficana, è pertanto diventato un terreno di scontro geopolitico tra Mosca e Parigi nonché con l’Occidente e la lotta al terrorismo islamico, per cui era stata data origine all’operazione Serval prima e all’operazione Barkhane dopo, con la successiva istituzione della Task Force Takuba a forte impronta europea, è passata in secondo piano.

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