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Macron castrerà Melenchon?

Dopo aver evitato una vittoria sonante di Le Pen alle politiche, Macron nella formazione del governo in Francia potrebbe relegare Melenchon a un ruolo di secondo o terzo piano. Il corsivo di Cazzola.

Può essere che io sia in errore, ma da giorni, seguendo i commenti delle elezioni legislative francesi, ho l’impressione che gli esiti (imprevisti?) non piacciano a una parte rilevante dei maîtres à penser che frequentano le succursali estive dei talk show. Ci sta che la destra (almeno una parte della coalizione) non sia contenta della sonora sconfitta di RN di Marine Le Pen; ma quello che più sorprende è la puzza sotto al naso di opinionisti di sinistra nei confronti di un esito che ha avuto un solo vincitore vero: Emmanuel Macron. Vien quasi da pensare che per costoro fosse preferibile una vittoria della destra lepenista. Ovviamente, soltanto nel caso in cui non avesse vinto il Nuovo Fronte Popolare, un evento che avrebbe resuscitato anche i morti per l’entusiasmo, ma a cui in pochi e visionari credevano veramente.

Di conseguenza con la vittoria del Rassemblement National, i “nostri” avrebbero almeno potuto consolarsi descrivendo il dilagare per l’Europa dell’onda nera, a conferma della denuncia del risorgente autoritarismo – con venature nostalgiche – del caso Italia dopo le elezioni del settembre 1922. Ma che Macron si sia rivelato l’Araba Fenice della politica francese ed europea proprio non va giù; che si l’attuale presidente a dare le carte in questo giro di tavolo è ritenuta la soluzione peggiore perché a differenza dei “salta fossi” dei suoi competitori, Macron è un riformista, un europeista, un leader che non ha portato il cervello all’ammasso dei filoputiniani e dei criminali di Hamas, che ha osato, persino, ipotizzare un invio non solo di armi ma di armati in Ucraina.

Il presidente ha giocato con coraggio, lucidità e visione, le due carte che hanno ribaltato la partita scaturita dalle elezioni europee. La prima è stata la decisione di sciogliere l’Assemblea nazionale e convocare le elezioni anticipate. Con questa mossa Macron non ha sfidato solo i partiti avversari, ma gli elettori francesi: “Un conto è il voto per il Parlamento europeo, un altro quella per il nostro. Ve la sentite di farvi governare da RN? Bene, accomodatevi. Ve ne do la possibilità, ma la responsabilità sarà vostra”. In sostanza, ha capito che quella sarebbe stata, pur rischiosa, la sola via d’uscita.

L’altra mossa del cavallo Macron l’ha fatta quando per primo, dall’Eliseo, ha lanciato l’appello all’unione sacra contro gli eredi di Vichy predisponendo la maggioranza delle desistenze. Si fa presto a dire – in Italia molti lo dicono –  che Mélenchon è stato generoso nel ritirare i propri candidati in molti collegi; basterebbe solo aggiungere che se non lo avesse fatto in quei collegi avrebbe vinto la destra. Da noi comunque la narrazione politicamente corretta continua ad essere che il vincitore delle elezioni è il NFP e che quindi deve esprimere il premier e formare un governo. Occorre però cercare tra le righe più piccole degli articoli paludati per rendersi conto che la vittoria del NFP non è anche, se non per la quota di un terzo, la vittoria di Jean-Luc Mélenchon, il cui partito LFI ha persino perso un seggio.

Che cosa auspicare, adesso? Speriamo di assistere al terzo salto mortale di Macron: liberare la Francia dagli estremismi, tagliare le ali radicali. Se a liberarlo di RN ci hanno pensato gli elettori (per essere competitiva nel 2027 Marine Le Pen dovrebbe organizzare una “Fiuggi” francese, magari non a Vichy, ma in qualche altra località termale); a mettere in condizione di non nuocere Mélenchon deve pensarci e riuscirci Macron, guardando alla sua sinistra alle componenti moderate del NFP alla sua destra agli ex gollisti che non si sono intruppati col RN. Ecco, una maggioranza siffatta potrebbe rappresentare una nuova prospettiva anche per l’Italia, coinvolgendo un arco di forze che vanno dal Pd a FI passando a vedere se al centro è rimasto qualcuno che possa riaccendere le luci.

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