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Merkel Macron

Che cosa prevede il trattato di Aquisgrana tra Francia e Germania (e perché in Italia si borbotta)

L’analisi di Daniela Coli sul trattato bilaterale Francia-Germania siglato oggi ad Aquisgrana

Il trattato di Aquisgrana tra Francia e Germania del 22 gennaio, nell’anniversario di quello dell’Eliseo firmato da De Gaulle e Adenauer a Parigi nel 1963, susciterà in Italia le solite proteste contro la leadership franco-tedesca. Il trattato bilaterale che martedì firmano Macron e Merkel è un salto in avanti nell’integrazione dei due paesi per la politica estera, la difesa, la sicurezza, la creazione di un’area economica comune. La Germania avrà inoltre, con l’appoggio francese, un seggio permanente all’Onu, a cui l’Italia si oppone da sempre.

L’asse franco-tedesca è stata il motore dell’Ue e Aquisgrana potrebbe piacere anche all’Uk, a Sir Dearlove, ex-capo MI6, così influente nella politica britannica, che nel 2017 spiegava a Macron come l’Uk non volesse un’Europa con troppi popoli e troppi trattati, e come non tutti i popoli dovessero aderire agli stessi trattati. L’Italia è sempre stata critica dell’asse franco-tedesca, denuncia la crisi dell’Europa, aggravata dallo stallo su Brexit e perfino sui giornali del cosiddetto mainstream si guarda a Putin e a Trump. La posizione italiana attuale continua la tradizione della politica estera inaugurata dalla famosa operazione Prunas nel 1944: l’offerta di spazio politico alla Russia sovietica, Vishinskij a Salerno, dove incontra pure Croce, il riconoscimento di Mosca del Regno del Sud, il ritorno del partito comunista e di Togliatti. Alle spalle degli Alleati, in funzione antibritannica.

La nostra diplomazia ha considerato l’operazione Prunas un successo, che rimetteva in gioco l’Italia: Togliatti rassicurò gli Usa di non volere fare la rivoluzione ( né Stalin la voleva) e l’Italia pensò per lungo tempo di avere vinto la pace, perché la Germania sarebbe rimasta divisa e occupata. Non c’è da fare moralismi, perché in politica e in guerra gli alleati pensano sempre a come spartirsi il bottino e ingannarsi. Però, questa politica, almeno finora, non ha portato l’Italia a occupare una posizione di rilievo. A causa della politica antifrancese (il sostegno all’Algeria contro la Francia) e al movimento sionista contro l’Uk: l’ambasciata britannica a Roma nel 1946 fu fatta saltare in aria da sionisti ed ex-repubblichini. L’esplosivo, come ha rivelato Giuseppe Parlato, fu procurato da Pino Romualdi.

L’emigrazione clandestina dei sionisti in Palestina, coordinata da Ada Sereni, fu aiutata dalla Decima Mas e fu in funzione antibritannica. Ancora oggi storici britannici come Calder Walton e Christopher Andrew ricordano i soldati e diplomatici britannici uccisi dal terrorismo sionista e sottolineano il trauma della perdita della Palestina. L’Italia ha sempre avuto anche una politica fortemente antitedesca, perché la Repubblica è stata fondata sulla Resistenza. In fondo, Salvini e Di Maio non sono poi tanto diversi dai comunisti e i democristiani della prima repubblica.  Com’è noto, la riunificazione tedesca fu considerata una sventura da Andreotti e la fine della Russia sovietica fu un trauma per Dc e Pci: si pensi a De Mita, che continuava a sperare nella tenuta della Russia sovietica, quando ormai a Londra, Parigi, Berlino e Washington se ne dava per scontata la fine.

Il paese di Machiavelli si trovò rovesciato come un calzino agli inizi degli anni 90, con la fine traumatica della prima repubblica, un specie di regime change non sgradito agli americani, che non tolleravano la disinvoltura italiana nel Mediterraneo: non solo Sigonella, ma anche gli attentati di Gheddafi a marines Usa in Germania o quello di Lockerbie del 1988 con oltre 300 morti. Come ha osservato Virgilio Ilari, l’Italia aveva creduto di avere ricevuto dagli Usa una sorta di vicariato nel Mediterraneo, ma non era così, e gli Usa non gradirono. L’Italia è, quindi, entrata nell’Ue e nell’euro non solo con un enorme debito, truccando i bilanci, ma anche sfavorita in politica estera.

Berlusconi partecipò alla guerra in Iraq, al contrario di Francia e Germania, per assicurarsi l’appoggio americano, ma la decisione di invadere la Libia è stata degli Usa e dal 2011 la perdita della Libia, importante per il nostro export, ha inciso sul nostro Pil. 

Francia e Germania hanno costruito un solido rapporto nel secondo dopoguerra, di cui il trattato dell’Eliseo del 1963 è la prova, come la famosa foto Mitterand-Kohl nel 1984 per l’anniversario di Verdun. I due paesi sono anche rivali, le riforme europee di Macron sono state prese con prudente scetticismo da Berlino, ma l’asse funziona e il trattato di Aquisgrana ne è la dimostrazione.  Inoltre, i tempi sono cambiati: gli Usa vogliono ritirarsi dal Medio Oriente e dalla Nato, la Russia ha siglato un accordo con la Serbia e accusa l’Europa di volere colonizzare i Balcani.

Il problema di una difesa s’impone e Parigi e Berlino accendono il motore. Non sappiamo come e quando inizierà la Brexit, ma il paese di Shakespeare, abilissimo nell’allestire sempre nuovi scenari, sembra voglia prenderla lunga e, in ogni caso, fin dopo le elezioni europee la situazione non si chiarirà. Angela Merkel ha subito proposto un rinvio a May, che presenterà nuovi piani a Bruxelles. 

In Italia i partiti “sovranisti” si augurano successi alle europee di maggio e forse questo non sarebbe sgradito né a Berlino, né a Bruxelles. Appunto, come scriveva Sir Dearlove, non tutti i popoli devono aderire agli stessi trattati, né forse tutti i paesi sono in grado di stare nell’eurozona, come si sente dire da autorevoli personalità tedesche.

L’euro è la seconda moneta al mondo e potrebbe essere adottata anche da paesi non europei per gli scambi commerciali. Con Putin che guarda ai Balcani, per Berlino, ma anche per Londra e Varsavia, adesso è forse più importante la Grecia dell’Italia: abbiamo visto la Merkel ad Atene con Tsipras, che potrebbe diventare un nuovo grande leader greco. Un punto di riferimento per i Balcani è anche l’Austria di Kurz, del Ppe come Merkel, e in buoni rapporti col mondo arabo e i russi per l’Opec. Se i turchi sono un alleato storico dei tedeschi, francesi e inglesi hanno solide amicizie in Medio Oriente. Germania, Francia e Uk hanno buone relazioni commerciali con l’Asia e potrebbe continuare il rapporto con gli Stati Uniti, anche se lasciassero la Nato.

Basta pensare che si parla di un accordo tra Volkswagen e Ford, e forse questo presidente tedesco-americano sempre così scortese con la Merkel, anche troppo, è anche lui una gran volpe. Quindi, l’Italia, sempre accusata di machiavellismo, questa volta potrebbe essere stata troppo poco machiavellica. Finita la guerra fredda tra Russia sovietica e America, adesso c’è quella tra Cina e Usa, e l’Italia non può più svolgere nel Mediterraneo il ruolo dei primi decenni del secondo dopoguerra. E ai nostri “sovranisti” converrebbe accorgersi che Machiavelli lo conoscono bene da sempre dappertutto.

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