La “famigerata” fermata a Ciampino del ministro Francesco Lollobrigida, come ha spiegato Trenitalia, fa parte di una prassi adottata sulla rete ferroviaria in situazioni di emergenza. Per tutti, ministri e non ministri. Ma sul fronte politico delle opposizioni, unite da un coro di proteste, quella di Ciampino è apparsa la fermata del populismo.
Il centrosinistra diviso su tutto, a cominciare dalla politica estera e l’economia, è apparso graniticamente compatto, da Matteo Renzi a Giuseppe Conte, con Elly Schlein e Carlo Calenda, contro la fermata di “Lollo”, sceso a Ciampino, dopo che erano state accumulate quasi due ore di ritardo. Una brusca fermata quella delle opposizioni, in cui sembra che abbiano fatto a gara tra loro a chi si scagliava più forte contro il ministro dell’Agricoltura, cofondatore di FdI, per giunta anche cognato del premier Giorgia Meloni.
Lollobrigida non poteva mancare a un appuntamento cruciale come quello dell’inaugurazione del Parco Antimafia di Caivano. Appuntamento non qualsiasi e non solo per i cittadini di Caivano, ma per tutti i cittadini che eleggono i politici per svolgere al meglio il loro lavoro. Tanto più su questioni così dirimenti per la vita pubblica.
Alcuni hanno osservato che Lollobrigida avrebbe fatto meglio a non cedere a certa cultura “grillina” della cosiddetta “anti-casta” e che quindi avrebbe dovuto usare non il treno ma le auto di Stato. Giusta osservazione quella fatta, ad esempio, da Tiziana Maiolo su Il Dubbio e Mattia Feltri su La Stampa. Ma quello che colpisce di più sul piano politico è la brusca fermata dal sapore “griĺlante” sul piano culturale che stavolta ha riunito tutte le opposizioni. Compresa quella dell’ex terzo polo, con Renzi e Calenda che rivendicano sempre la loro linea riformista distinguendola nettamente, fino alla scissione dal Pd nel caso di Renzi, rispetto a una certa deriva estremista della sinistra, nella quale è in atto una gara tra il Pd di Schlein e i Cinque Stelle di Conte.
I pentastellati sono arrivati nei sondaggi a meno di tre punti dal Pd, sotto il 20 per cento, nonostante la riuscita della recente manifestazione di Piazza del Popolo a Roma. E, in questo scenario, ieri Il Riformista di Renzi aveva una copertina sul “Lollo” ferroviario che poteva essere sovrapposta a quella del Fatto quotidiano.
Sempre ieri l’ex premier e leader di Iv della fermata di Lollobrigida non ha fatto cenno nel suo match con il premier al question time in Senato, tra un attacco e l’altro al governo sulla politica economica. Meloni ha risposto in modo altrettanto duro con cifre e dati e frecciata pure sulla legittima amicizia renziana con il leader saudita bin Salman a proposito della necessità di aiuti esteri per i costi della benzina. Non è mancato il refrain renziano “stai sereno”, in questo caso “stia serena”, ma pronunciato in modo forse troppo nervoso per un brillante oratore come Renzi, stavolta tutto di protesta e non di proposta.
In questa gara delle opposizioni ad alzare i toni sulla fermata di Lollobrigida, nel coro a suon di “arrogante, dimettiti”, per paradosso il più tranquillo, seppur molto tranchant, è apparso Conte. In politica come la storia dimostra c’è sempre il rischio che alla fine sia l’originale a vincere su chi sembra inseguirlo.