Striscioni con la scritta “Insieme per un futuro migliore” sono stati affissi ogni 20 metri sulle principali arterie di Pechino, mentre la polizia armata del popolo ha vigilato sui ponti. La Cina non ha lasciato nulla al caso per l’evento diplomatico più importante che ha organizzato dalla fine della pandemia di Covid-19: il Forum sulla cooperazione Cina-Africa (Focac), il suo grande incontro triennale con l’Africa, un continente che considera un alleato indispensabile per rimodellare un ordine internazionale che, ai suoi occhi, è troppo impregnato di valori occidentali.
GLI OBIETTIVI DELLA CINA IN AFRICA
Con questo evento, la Cina spera di inviare un messaggio di unità e di dimostrare che è seguita nella sua lotta per ridefinire le priorità internazionali. In un momento in cui gli Stati Uniti adottano sempre più esplicitamente una politica di blocco dei trasferimenti di chip elettronici e componenti ad alta tecnologia verso il loro principale concorrente strategico e l’Europa erige barriere doganali contro i suoi prodotti, la Cina vuole sottolineare che condivide con il continente africano la lotta per essere accettata nel posto che le spetta.
ATTENZIONI COSTANTI
Per questo motivo, la Cina non risparmia attenzione nei confronti dei cinquantatré Paesi africani che la riconoscono – un ultimo, l’Eswatini (ex Swaziland), mantiene ancora legami con Taipei. Martedì Xi Jinping ha assicurato al colonnello Assimi Goïta, capo della giunta maliana, che la Cina “sostiene l’autodeterminazione dei popoli africani nella scelta del loro destino futuro”, in riferimento alle lezioni morali provenienti in particolare dalla Francia.
Questi gesti di buona volontà non durano solo per la durata di un vertice; i legami sono costanti. Xi Jinping ha visitato l’Africa cinque volte; solo dall’anno scorso ha ricevuto venti capi di Stato africani con gli onori. Da trentaquattro anni, i ministri degli Esteri cinesi riservano il loro primo viaggio dell’anno al continente, che non è solo una questione di apparato diplomatico: ogni ministero, ogni grande sezione del Partito Comunista Cinese (PCC) e ogni provincia è responsabile di un particolare settore di cooperazione.
ALLINEAMENTO APPARENTE O REALE?
Come risultato di queste molteplici attenzioni, gli Stati africani rimangono in gran parte in silenzio quando gli europei o gli americani tentano, alle Nazioni Unite, di denunciare la brutale presa di Hong Kong o il destino riservato alla minoranza uigura internata nei campi di rieducazione dello Xinjiang (nord-ovest).
Ma dietro questo apparente allineamento, molti Stati africani riescono a trarre vantaggio dalla concorrenza delle grandi potenze. Un esempio è il Kenya, il cui presidente, William Ruto, è presente al Focac, ma è stato anche ricevuto nello Studio Ovale della Casa Bianca a maggio, dove sono stati annunciati 250 milioni di dollari (226 milioni di euro) di nuovi investimenti americani in Kenya ed è stata ribadita la condivisione degli “stessi valori democratici”.
I PROBLEMI DELLA CINA FRENANO I PROGETTI IN AFRICA
Dietro la dimostrazione diplomatica di unità, l’importante incontro di Pechino metterà in luce le attuali sfide che le relazioni sino-africane devono affrontare. Tra queste, il forte rallentamento dell’economia cinese e le difficoltà della popolazione, con il crollo del mercato immobiliare e l’aumento della disoccupazione giovanile. Di conseguenza, la Cina ha molte meno risorse per finanziare progetti su larga scala – linee ferroviarie, stadi o grattacieli – in Africa, mentre molti Paesi africani sono preoccupati dal rischio di un eccessivo indebitamento per progetti la cui logica economica è talvolta discutibile. I prestiti cinesi all’Africa hanno raggiunto il massimo nel 2016.
Soprattutto, lo squilibrio del rapporto può turbare l’opinione pubblica locale, in un momento in cui molti Paesi africani sognano un’industrializzazione più rapida. Il grande passo avanti della Cina nelle tecnologie di transizione non fa che accelerare questo fenomeno. Le sue aziende stanno intensificando gli investimenti nelle miniere di cobalto nella Repubblica Democratica del Congo e di litio in Zimbabwe, estendendo il loro vantaggio nel settore delle batterie. Per il momento, però, questa catena di valore non torna nel continente africano: l’assemblaggio, i posti di lavoro e il know-how che ne derivano restano in Cina. Per riequilibrare questo rapporto, i circa cinquanta leader africani che parteciperanno al Focac avranno bisogno di qualcosa di più delle dichiarazioni di amicizia.
(Estratto dalla rassegna stampa di eprcomunicazione)