Questa del 2023 è un’edizione della festa delle donne politicamente particolare in Italia, anzi particolarissima. Una donna per la prima volta è a Palazzo Chigi a capo del governo, un’altra è appena arrivata al cosiddetto Palazzaccio, sempre per la prima volta, alla presidenza della Corte di Cassazione. Un’altra è già passata alla presidenza della Corte Costituzionale. Altre donne – e che donna nel caso della compianta Nilde Jotti, senza volere offendere le altre felicemente in vita – sono passate per le presidenze delle Camere. Resta ormai da rompere metaforicamente solo il soffitto di cristallo del Quirinale, dove quattro donne – la democristiana Rosa Russo Jervolino, la piddina Anna Finocchiaro, la forzista Elisabetta Casellati e l’attuale capa dei servizi segreti Elisabetta Belloni – si sono solo affacciate inutilmente come candidate possibili o reali.
Ebbene proprio Giorgia Meloni, la premier ospite ieri di una cerimonia alla Camera nella Sala delle Donne, dove è stato aggiunto il suo ritratto a quelli delle signore più titolate nella storia delle istituzioni, ha posto il problema del colle più alto di Roma al femminile definendo “non lontano il giorno di una donna al Quirinale”. Vi ha titolato in apertura di prima pagina a Napoli Il Mattino, non a caso dei compianti Edoardo Scarfoglio e Matilde Serao.
E se dovesse o potesse capitare proprio alla Meloni di rompere anche quel soffitto di cristallo, e non solo di raggiungere il più modesto e vicino obiettivo propostosi di fare arrivare per la prima volta una donna anche alla carica di amministratore delegato di un’azienda partecipata, cioè pubblica? E’ una domanda troppo impertinente o avventata? Non ha osato porsela, forse scaramanticamente, neppure la sua amica Flavia Perina, ex direttrice del Secolo d’Italia, scrivendo oggi con ammirazione sulla Stampa della “velocità con cui la premier sta conducendo il suo mondo verso nuove sponde”. Dove ormai le donne arrivano senza essere neppure avvertite, come ha detto di sé l’appena eletta segretaria del Pd Elly Schlein con parole non a caso festosamente condivise dalla Meloni.
Pare obiettivamente difficile, nonostante i problemi reali e quelli immaginari che ha anche il suo governo, prevedere un’uscita della Meloni da Palazzo Chigi prima della conclusione ordinaria di questa legislatura. Ma in quella successiva, quando scadrà nel 2029 il secondo mandato presidenziale di Sergio Mattarella, l’attuale presidente del Consiglio avrà sei anni in più dei suoi attuali 46. Avrà cioè più dei 50 anni compiuti richiesti dall’articolo 84 della Costituzione a un candidato al Quirinale. Chi vivrà vedrà, con tutte le cautele naturalmente imposte dalla nota imprevedibilità della politica. E con le stesse dita incrociate, anche per lei, prudentemente evocate dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti annunciando l’altro ieri che è o sembra “scongiurato il rischio di una recessione”.