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Giorgetti

Chi spingeva e chi ha bloccato Elisabetta Belloni per il Quirinale

Ecco le divisioni fra e nei partiti sulla candidatura di Elisabetta Belloni, direttrice del Dis (il Dipartimento che coordina i Servizi segreti). I Graffi di Damato

 

Dopo il rapido e impietoso autoaffondamento della candidatura del centrodestra nella persona addirittura della presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, e mentre dall’aula di Montecitorio si rovesciavano sulla pur inesistente ricandidatura di Sergio Mattarella una valanga di voti spontanei, saliti dai 166 del quarto scrutinio ai 336 del sesto, i presunti -a questo punto- registi di questa caotica edizione della corsa al Quirinale trattavano ieri sera un’altra soluzione femminile.

Questi presunti registi – ripeto – sono il segretario del Pd Enrico Letta, il presidente del MoVimento 5 Stelle Giuseppe Conte e il leader della Lega Matteo Salvini. Essi sono riusciti a impasticciare così tanto le cose da trasformare quello del Quirinale in un affare addirittura spionistico. Già, perché la donna messa in campo, e subito sommersa da veti all’interno della stessa maggioranza di governo, è la responsabile dei servizi segreti Elisabetta Belloni, diplomatica di lungo e onoratissimo corso, finita a sua insaputa  -spero – in una tempesta destinata a farne o una mancata presidente della Repubblica, come l’altra Elisabetta, o una presidente della Repubblica la più divisiva possibile, per usare un aggettivo di moda nelle corse al Colle.

Ma se dovesse diventare una mancata presidente della Repubblica, l’ambasciatrice Belloni si troverebbe ad essere, suo malgrado, anche una depotenziata responsabile dei servizi segreti, come la sua quasi omonima Elisabetta al vertice del Senato. Dove peraltro potrebbe anche accadere, in teoria, fra qualche giorno la trasformazione della presidente in supplente del capo dello Stato, il cui mandato scadrà il 3 febbraio.

Nel momento in cui scrivo, a poche ore dall’apertura della settima votazione nell’aula di Montecitorio, dove hanno preso anche la decisione di farne due al giorno complicando ulteriormente la situazione, l’ambasciatrice Belloni – sempre che nel frattempo non sopraggiunga una sua cautelare rinuncia, come si dice dell’arresto in corso d’indagine – gode dell’appoggio sperticato e lontano di Beppe Grillo e – si presume – di Conte, di Matteo Salvini e di Giorgia Meloni dai banchi però dell’opposizione.

Si sono invece schierati contro di lei per l’anomalia, quanto meno, della regina degli 007 che si trasferisce dalla mattina alla sera al Quirinale per fare la presidente della Repubblica Silvio Berlusconi, il giovane e sempre baldanzoso Matteo Renzi, dichiaratamente convinto che a questo punto sia un affare raddoppiare il mandato di Mattarella da lui voluto sette anni fa al Quirinale, e mezzo Pd. Il cui segretario si è trovato così spiazzato di fronte alla loquacità e alla fretta di Conte e di Salvini da prenderne rapidamente le distanze, aprendo sia ad una conferma di Mattarella -pure lui- sia ad altre due candidature femminili.

Si tratta, in particolare, dell’ex ministra della Giustizia Paola Severino, indigesta a Berlusconi per avere condiviso l’applicazione retroattiva di una sua legge per fargli perdere nel 2013 il seggio del Senato, e la ministra della Giustizia in carica Marta Cartabia, indigesta ai grillini per avere sostituito la vecchia prescrizione abolita da loro abolita con la nuova improcedibilità nei processi penali.

In mezzo, se volete, tra gli entusiasti e i contrari, si è collocato il ministro grillino degli Esteri Luigi Di Maio, di cui la signora Belloni è stata strettissima collaboratrice alla Farnesina, denunciando l’indecenza – ripeto, l’indecenza-  di esporre una persona così qualificata della pubblica amministrazione ad una situazione tanto imbarazzante e pericolosa sotto molti punti di vista.

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