Ci sono, a differenza del Meeting di Cl a Rimini, dove non fu invitato Giuseppe Conte, tutti i leader politici. Ma è ovvio che è il centrodestra, dato da tutti i sondaggi come vincitore, ad essere in particolare sotto l’esame del gotha economico, finanziario e politico anche internazionale di Cernobbio.
Il Forum Ambrosetti non è un’iniziativa come quelle della pur importante Confindustria. Eppure, in un appuntamento così, dove da considerati “inaffidabili” si è alle prese con il cosiddetto “salotto buono”, tanto più se internazionale, qualcosa ci ha fatto ripensare a quando Silvio Berlusconi, in una delle sue tante rimonte, rovesciò a sorpresa il tavolo degli industriali a Vicenza. In quel Nord Est dove rivendicò, tra le altre cose, guarda caso, il contributo a fare i rigassificatori. E anni dopo svelò, un po’ ironico: “Ho dato sempre retta al mio amico Craxi che mi consigliava di ascoltare attentamente Confindustria ma per fare poi l’esatto contrario”.
Ripetiamo, Cernobbio va oltre Confindustria, è il gotha dell’economia e non solo, dei “salotti buoni”, anche esteri. Quelli dove, come nella vita, del resto, o sei parte integrante e ne conosci i meccanismi di potere o ci vai forte e convinto del valore della tua identità e delle tue proposte. Domanda, fatta con rispetto, e con ovvia consapevolezza della parte proporzionale prevista dalla legge elettorale oltre che delle regole interne di leale competizione che la coalizione sulla premiership si è data: valeva la pena per il centrodestra dare un’immagine un po’ segnata dalla divisione, seppur così meno sostanziale e profonda di come una narrazione mediatica dominata dalla sinistra tende a rappresentare? Probabilmente no.
Cosa è accaduto in sintesi, senza tanti giri di parole? Matteo Salvini rilancia la sua proposta di revisione dell’efficacia delle sanzioni alla Russia, pur condannando con nettezza l’aggressione di Putin all’Ucraina, alla quale come ormai afferma da giorni – e ha dimostrato concretamente in parlamento votando sì a tutti i provvedimenti a favore, a differenza di alleati del Pd di Enrico Letta come Nicola Fratoianni – ribadisce per l’ennesima volta il suo sostegno. Così come la netta scelta di appartenenza all’Occidente, al mondo libero. Cosa, del resto, già scritta nel programma della Lega e in quello unitario del centrodestra.
L’ex ministro dell’Interno, quindi, con tanto di slide, distingue nettamente i due fronti, cita sui dubbi sull’efficacia delle sanzioni come sono state fatte finora (“Invece che mettere in ginocchio Putin, hanno messo in ginocchio le nostre aziende”) l’Economist e uno studio del Fmi. Fonti da cui – afferma – emerge che i danni maggiori sarebbero invece per i sanzionatori. Racconta: “Me lo dicono imprenditori in privato inquietati per il futuro delle loro aziende, che però temono di uscire allo scoperto per il rischio di essere presi per filoputiniani. Ma è possibile che se esprimo io questi dubbi vengo ogni volta preso per un agente infiltrato russo?”.
Salvini ribadisce quindi che lui le sanzioni non le esclude ma che allora, a maggior ragione, è stringente la necessità di uno “scudo europeo, come fu fatto per il Covid per i Paesi come il nostro dove le conseguenze delle misure contro la guerra si fanno sentire di più”.
Filtra poi uno scontro tra Salvini e Letta, nella discussione non aperta ai giornalisti, ma resa nota dalla Lega. Salvini ha ricordato che al Parlamento europeo “Pd e 5Stelle hanno votato contro gas e nucleare”. A quel punto il leader del Pd ha cercato di interrompere: “Spiega che cos’è la tassonomia…”. Salvini: “Si tratta della proposta europea per includere nucleare e gas nelle fonti green. Pd e 5Stelle hanno votato contro”. E poi, sempre rivolto a Letta: “Io non ti ho interrotto, però non so se hai cambiato idea rispetto a due mesi fa. Io no. Continuo a pensare che il nucleare di ultima generazione sia sicuro e pulito e l’Italia non possa più farne a meno”.
Siparietto pubblico tra il leader leghista, invece, e la presidente di Fratelli d’Italia che sorride con aria dubitativa quando lui annuncia le slide e Salvini altrettanto sorridente ma fermo le replica: “Sì, slide, poca spesa e tanta resa”.
Meloni, anche lei intervistata dal direttore del Corriere della sera, Luciano Fontana, è categorica sulla sua posizione: “Se l’Italia domani non mandasse più armi e non partecipasse più alle sanzioni, che cosa farebbe il resto dell’Occidente? Niente, continuerebbe a mandare armi. È la nostra posizione che stiamo decidendo, la nostra credibilità. Se domani l’Italia si sfilasse dai suoi alleati, per l’Ucraina non cambierebbe niente, ma per l’Italia cambierebbe moltissimo”. Conclusione della leader di FdI, data in testa dai sondaggi: “Una nazione seria che vuole difendere i suoi interessi deve avere una postura credibile”. Ma, appunto, già Salvini non aveva affatto parlato di rimessa in discussione delle alleanze internazionali.
Il coordinatore di Forza Italia, Antonio Tajani, prende una posizione mediana: d’accordo con le sanzioni, ma deve essere tutta l’Europa a decidere. Meloni poi dirà che nel centrodestra “ci sono sfumature non divisioni”. Del resto anche la leader di FdI, in altre occasioni, aveva già detto che per i Paesi più messi a dura prova dalle sanzioni, come il nostro, vanno previsti meccanismi di compensazione. E però la macchina mediatica contro il centrodestra da parte di un Pd in evidente difficoltà non risparmia attacchi anche a Meloni, oltre che come al solito a Salvini, avversato ormai anche con toni mediatici un po’ sorprendenti. Forse dare l’impressione, pur senza volerlo, di eccedere nella volontà di offrire un’ immagine di cosiddetta “affidabilità” e una pur giusta rassicurazione ai mercati internazionali non sempre ottiene adeguata corresponsione.
Certa narrazione mediatica sguazza nella solita rappresentazione tesa a disarticolare il centrodestra, tra cosiddetti affidabili e inaffidabili, per concludere alla fine: tutti “Unfit”, come titolò l’Economist per Berlusconi. Il quale non smette mai di ricordare che non si vince e non si governa da soli, mettendo in rilievo il valore “decisivo” del centro rappresentato da FI. E liquidando il “terzo polo” ormai come “quarto polo, perché il terzo sono i Cinque Stelle”.
Forse, come ha già scritto Daniele Capezzone, editorialista di La Verità e autore del nuovo libro, in uscita il 13 settembre, Bomba a orologeria (Piemme) – “sullo tsunami in arrivo e le idee (tasse, debito, risparmio, energia, politica estera) per una pars construens” – , è necessario che la coalizione a tre punte incominci a trovare anche qualche momento unificante. A beneficio di un elettorato del resto molto contiguo. Più interessato alla soluzione concreta dei problemi che alle gare interne di leadership, pur giustamente stabilite dalle regole della coalizione, in leale competizione.