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repubblica centrafricana

Fase 2 in Francia: sollievo e nuove tensioni politiche

Nell’allentamento delle restrizioni in Francia la navigazione politica di Emmanuel Macron torna ad essere complicata. L'articolo di Enrico Martial

 

Alla fine del weekend, i media francesi hanno fatto percepire un nazionale respiro di sollievo: la cittadella medievale di Carcassonne, Mont-Saint-Michel, il santuario di Lourdes e la teleferica che porta in cima al Monte Bianco sono di nuovo accessibili. Nel fine settimana le spiagge mediterranee, atlantiche e sul mare del nord hanno riaperto, anche se soltanto per il passeggio e l’attività motoria. Nella regione di Parigi, 39 grandi parchi sono stati riconquistati dalle famiglie e dagli sport individuali. Nelle prudenti tappe prefissate, da lunedì 18 maggio torna a scuola un secondo gruppo di studenti, delle prime e seconde classi delle medie inferiori (i collège) e soltanto nelle zone verdi (un po’ più di metà del Paese, escludendo Parigi, le Hauts de France, il Grand Est e la Bourgogne Franche-Comté) per un totale di circa 150 mila studenti. Da lunedì scorso, una settimana prima che da noi, non è più necessaria l’autodichiarazione per spostamenti entro i 100 km dall’abitazione.

In questo contesto positivo, resta tuttavia alta la preoccupazione sanitaria mentre si riaccende in modo netto il dibattito politico.

Da un lato, i numeri continuano ad essere in calo, sebbene siano ancora importanti rispetto all’Italia: al 17 maggio, 19.432 ricoverati mentre nel nostro Paese ce ne sono 10.311, e 2087 pazienti francesi in rianimazione contro i nostri 762. Dall’11 maggio, la strategia dell’interruzione delle catene di contagio ha richiesto 25 interventi. I macelli sono sotto osservazione anche in Francia, come è avvenuto negli Stati Uniti, in tre Laender tedeschi e anche in Italia, sebbene già ad aprile, con una settantina di positivi a Palo del Colle in provincia di Bari.

Durante la scorsa settimana, sono stati individuati come positivi e poi isolati 34 dei 400 lavoratori di un macello a Fleury-lès-Aubrais, nei dintorni di Orléans, a 130 km a sud di Parigi, e 69 addetti a Saint-Jacut-du-Mené, un paesino bretone a una trentina di km dal mare e a 80 da Rennes. Problemi di distanziamenti, ma anche di ambiente di lavoro, in cui sono spesso impiegati immigrati, essenzialmente dall’est europeo. Si tratta di cluster nelle “zone verdi”, cioè con buona capacità di accoglienza in rianimazione e con bassa circolazione epidemica: è la conferma che il virus circola, ha detto il ministro della salute, Oliver Véran al Journal du Dimanche, il 17 maggio.

Nell’allentamento delle restrizioni la navigazione politica di Emmanuel Macron torna ad essere complicata. Insieme ad altri deputati, una ventina di dissidenti del suo movimento LREM sta costituendo un nuovo gruppo parlamentare dall’evocativo nome di “Ecologia, democrazia e solidarietà”. Il dibattito di fondo sul ruolo dello Stato alla luce della crisi sanitaria ed economica finisce per porsi in continuità con le grane ambientali o sociali che avevano dato forza sia ai populismi dei gilet jaunes sia alle spinte estreme a sinistra e destra.

Domina una critica al “modello liberale”, a favore dei poteri pubblici e dei beni comuni, o per una funzione regolatoria forte rispetto alla crisi sanitaria e ambientale: ne parla su le Monde del fine settimana Michel Aglietta, economista del CEPII, centro studi che lavora anche per il primo ministro Edouard Philippe. Emmanuel Macron proprio sulla nozione di “bene comune” aveva replicato alle ipotesi dell’azienda farmaceutica Sanofi, che intendeva destinare il vaccino Covid su cui lavora prioritariamente agli Stati Uniti rispetto alla Francia e all’Europa.

Oltre ai dissidenti a sinistra del movimento di Macron, vi sono altri segnali di riattivazione del dibattito e delle tensioni politiche. Una trentina di sindaci, tra cui quelli di Parigi, Anne Hidalgo, di Nizza, Christian Estrosi, di Bordeaux, Nicolas Florian hanno chiesto di tenere il secondo turno delle comunali nel mese di giugno. Piccoli gruppi di gilet jaunes, sotto il centinaio, hanno manifestato contro le restrizioni a Nantes, Bordeaux, Lione, Saint-Nazare. Il 16 maggio, a Montpellier, circa 150 manifestanti hanno incontrato l’ostilità dei commercianti, preoccupati che una nuova diffusione del virus imponga nuove chiusure.

Per intanto, si prefigura una riforma del settore sanitario e ci si chiede cosa farà il Presidente Macron. Dai grandi numeri delle elezioni del 2017 ci si avvicina alla soglia di sopravvivenza numerica all’Assemblea nazionale, per 6 deputati, obbligando a rafforzare le alleanze con i movimenti centristi del MoDem di François Bayrou e dell’UDI di Jean-Louis Borloo.

Non è solo questione di mediazioni parlamentari. La crisi sanitaria ha fatto accantonare le riforme più importanti, delle pensioni o per la riorganizzazione amministrativa. Nei discorsi della crisi Macron ha parlato spesso di ripensamento del sistema pubblico e di nuove strategie – tra le quali una più forte sovranità europea e francese sui beni sanitari o nelle tecnologie, in una logica di deglobalizzazione per grandi aree regionali mondiali.

Ragion per cui ci si chiede quali saranno i contenuti della politica del presidente dopo la crisi sanitaria e come li farà emergere, tenendo conto della sua creatività politica e della tradizione francese. Allo stato attuale si ipotizza una discussione parlamentare rafforzata oppure a camere riunite (cioè nel “Congrès”, che fu per esempio riunito con la crisi finanziaria del 2009 e dopo gli attentati del 2015) oppure un “grand débat” simile a quello con cui è stata affrontata la crisi dei gilets jaunes.

Restano sullo sfondo come possibili persino un referendum sul modello di De Gaulle oppure lo scioglimento dell’Assemblea nazionale.

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