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Giorgetti

I girotondi antifascisti su Meloni

Che cosa hanno detto gli ex presidenti della Camera, Fini e Violante, su fascismo, antifascismo e Meloni in vista del 25 aprile. I Graffi di Damato.

 

Di questa straordinaria edizione della festa del 25 aprile, la prima con un governo guidato da una donna, e di una destra non più semplicemente parte di una coalizione presieduta e garantita, come nel 1994 e anni successivi, da un uomo di un’altra cultura e provenienza come Silvio Berlusconi, rischia di essere beneficiario soprattutto un ex leader scomparso da qualche tempo dai radar della politica. È Gianfranco Fini, che sembrava ormai pensionato per un infortunio, chiamiamolo così, familiare da lui stesso ammesso di recente in un’aula di tribunale. Dove si è sentito tradito da chi, appunto in famiglia, profittò della sua buona fede acquistando a buon mercato a scopo speculativo, praticamente nascosto dietro una società straniera, una casa a Montecarlo donata al suo partito da una generosa elettrice italiana.

LA PARABOLA DI FINI

Prima ancora di finire in qualche modo in tribunale, quella vicenda costò moltissimo a Fini, che già aveva fatto una brillante e bruciante carriera politica sfiorando da solo il Campidoglio come candidato sindaco di Roma nel 1993 e poi, “sdoganato” da Berlusconi con la partecipazione al centrodestra uscito vincente dalle urne del 1994, salendo via via alla Farnesina, alla vice presidenza del Consiglio e alla presidenza della Camera, terza carica dello Stato. Dalla quale, con una intemperanza pari all’imprudenza, visti anche i risultati, sfidò Berlusconi per sfilargli in anticipo Palazzo Chigi. E ciò non per succedergli con qualche realistica speranza ma solo per continuare poi a combatterlo in una combinazione improvvisata dal senatore a vita Mario Monti a Palazzo Chigi. La personale perdita di credito politico gli impedì però di tornare a Montecitorio neppure da semplice deputato.

Morto e sepolto, si disse politicamente di lui, con gli amici rapidamente dispersi e neppure tutti tempestivi a rifugiarsi nella nuova casa di destra allestita da Giorgia Meloni. Lo stesso Fini l’aveva liquidata con poche parole.

LE PAROLE DI FINI E VIOLANTE SULL’ANTIFASCISMO DEL GOVERNO MELONI

Di lui da qualche tempo, da quando la Meloni è a Palazzo Chigi, si parla – vedremo se a torto o a ragione – come di un candidato alle elezioni europee dell’anno prossimo nelle liste del partito della generosa premier, alla quale egli riserva attenzione ogni volta che gliene offre l’occasione qualche salotto politico, o simile, specie quello di Lucia Annunziata. Dove ieri, amplificato oggi da Repubblica, forte di averla oggettivamente preceduta a suo tempo come leader di Alleanza Nazionale nella scoperta del fascismo come “male assoluto”, ha dichiarato persino con una certa severità di “capire ma non giustificare la ritrosia a pronunciare l’aggettivo” antifascista.

Più fiducioso e generoso è stato Luciano Violante, ex presidente della Camera pure lui ma di segno opposto, dicendo al Corriere della Sera che la premier saprà “allontanare gli estremisti” dalla sua area politica e “costruire un futuro privo di nostalgie”. “Ne esistono – ha detto – le condizioni soggettive e oggettive”.

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