Non abbiamo ancora finito di festeggiare il ritorno della Coppa Davis di tennis in Italia dopo una cinquantina d’anni, la conferma del campione mondiale italiano di motociclismo, per non parlare della festa a Palazzo Chigi per i miliardi di euro appena sbloccati a Bruxelles come quarta rata di finanziamento del piano nazionale di ripresa e resilienza, e dobbiamo fare i conti con la “batosta” – titolo del Riformista – della sconfitta subita nella corsa alla sede dell’Esposizione universale del 2030. Che è stata assegnata all’”Arabia esaudita” – titolo del solito, caustico manifesto – già scelta per i campionati mondiali di calcio del 2034. Roma, sommersa nell’assemblea parigina dell’Ufficio Internazionale delle Esposizioni dai 119 voti conquistati da Riad, ha perso il confronto anche con la coreana (del Sud) Busan, racimolando solo 17 sfigatissimi consensi.
EXPO 2030, LE REAZIONI DI RENZI, MASSOLO E NON SOLO
Tutto naturalmente è subito finto in politica, che si nutre di ogni cosa, anche della monnezza romana, responsabile secondo la destra della corsa perduta nell’assegnazione della sede: più ancora della “deriva mercantile e metodo transazionale, non transnazionale” lamentato dall’ambasciatore Giampiero Massolo, presidente del comitato promotore della candidatura così miseramente fallita.
Non Giorgia Meloni, quindi, la premier spesasi anche personalmente – e patriotticamente, direbbe – nelle sue trasferte internazionali, quella alla quale Andrea Scanzi, del Fatto Quotidiano, ha appena assegnato in un libro il titolo di “sciagura” quasi planetaria, ma il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, dichiaratamente di sinistra fra le proteste dei grillini dovrebbe sentirsi colpevole della disfatta. “Saranno anche stati i soldi di Riad, come diranno in tanti oggi per giustificarsi, ma l’umiliazione subita da Roma… certifica la crisi della capitale più lurida e disfunzionale dell’occidente, nonché la nullità assoluta di chi la amministra. Nemmeno gli europei ci hanno votati, nemmeno i nostri amici albanesi. E come dargli torto?”, ha scritto Salvatore Merlo sul Foglio sotto questo titolo in prima pagina: “Umiliazione all’Expo- Roma non poteva vincere? Va bene. Ma è stata annientata da una classe dirigente simile alla sua monnezza”.
A sinistra invece, come accennavo, si sono consolati festeggiando -come ha fatto La Notizia di simpatie grilline- “la fine di una star virtuale” quale sarebbe la premier Meloni, “la sciagura”- ripeto- di Scanzi, della scuderia di Marco Travaglio.
COSA HA SCRITTO REPUBBLICA
In mezzo, una volta tanto, si è messa La Repubblica, almeno in questo primo giorno di reazioni, con “l’analisi” del vecchio Corrado Augias, che ha accomunato “Capitale e Paese” nel “declino” costatoci sorprendentemente tanto a Parigi. Sorprendentemente, perché “le persone ingenue non avevano dubbi sull’esito: Roma”. Ingenue, appunto.