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Berlino Ovest

La storia straordinaria di Berlino ovest

Il luogo più straordinario della guerra fredda si trova piantato alle spalle di una foresta alla periferia sud-ovest di Berlino. L'articolo di Pierluigi Mennitti.

Il luogo più straordinario della guerra fredda si trova piantato alle spalle di una foresta alla periferia sud-ovest di Berlino, a pochi metri dal famoso Glienicke Brücke, il ponte che collega la capitale alla vecchia dependance nobiliare di Potsdam, noto per essere stato lo scenario degli scambi delle spie fra le due superpotenze e dei romanzi di John Le Carré.

Pochi lo conoscono. Mentre ancora si percorre la Bundestraße numero 1, prima che la strada pieghi a destra verso l’Havel, si deve svoltare a sinistra. Ci si infila ancora più dentro la foresta, seguendo una stradina asfaltata stretta e diritta, bordeggiata da alberi alti che proiettano ombra anche quando il sole è alto a mezzogiorno. Poi un paio di curve a gomito, una di qua e una di là, e si arriva nell’agglomerato di Steinstücken. Case basse con i tetti spioventi che sembrano uscite dalle antiche fiabe dei fratelli Grimm, giardini puliti e ordinati recintati da steccati di legno, tanto verde, qualche garage per le auto private. E l’autobus 118 della Bvg, il servizio di trasporto pubblico berlinese, che collega solitario questo angolo di Berlino al quartiere Wannsee e da lì al resto della città. Oggi per arrivarci basta mettere la freccia alla propria auto o salire sul bus. Ma per quarant’anni Steinstücken è stato il luogo più isolato di tutta Berlino Ovest.

Centottanta abitanti, più tre soldati delle forze armate americane e il loro comandante, reclusi nell’unica enclave abitata di Berlino Ovest nella Germania Est. In tutto erano dieci. Per queste anomalie storiche, la geografia politica ha trovato un nome curioso: si chiamano exclavi, in parole semplici un’enclave di un’enclave. Ma di curioso c’era assai poco. Si trattava di un pezzo di Berlino Ovest staccato da Berlino Ovest e conficcato nella Ddr: un rompicapo.

Che una volta dovesse essere un luogo idilliaco, lo testimonia il fatto che qui vissero nella prima metà del secolo le star dell’architettura del tempo, Mies van der Rohe e Walter Gropius, il fondatore del Bauhaus, assieme a un variopinto gruppo di artisti. Ma che dopo la divisione della Germania in due Stati fosse diventato un luogo – per usare un eufemismo – disagiato non vi sono dubbi.

I centottanta berlinesi di Steinstücken vivevano praticamente separati dal mondo: da quello occidentale e da quello orientale. Quando nel 1951 le autorità sovietiche imposero alla Ddr un irrigidimento sulle frontiere, per questo spicchio di mondo perduto si fece davvero dura. I russi ne tentarono l’annessione, fallita solo grazie alla ferma protesta degli americani, ai quali quest’area apparteneva nel quadro della spartizione della città fra le forze un tempo alleate. Poi nell’agosto 1961 Walter Ulbricht diede il via alla costruzione del Muro di Berlino, chiudendo per quasi trent’anni ogni passaggio tra le due parti della città.

Ovunque si alzavano barriere di cemento, ma l’exclave di Steinbrücken venne circondata solo da cavalli di frisia, conosciuti in Germania con il nome di porcospino ceco, perché utilizzato dalle forze cecoslovacche nell’inutile difesa del loro territorio dall’attacco dei nazisti, all’inizio della seconda guerra mondiale. Un ostacolo evidentemente meno efficace della barriera di cemento, tanto che Steinstücken divenne per alcune settimane il punto di fuga preferito verso ovest dai cittadini dell’est: mentre lungo tutto il perimetro della città il passaggio si faceva sempre più difficile, qui era ancora relativamente semplice scappare. Steinstücken divenne uno scenario caldo della guerra fredda, nonostante i controlli rafforzati dei Vopos, la polizia popolare della Ddr. Anzi, proprio la fuga verso la libertà di venti soldati di frontiera, indusse le autorità del regime a sostituire anche qui i cavalli di frisia con una barriera di cemento. Il Muro circondava adesso tutta l’exclave.

Il sollievo venne dal cielo, nelle fattezze del generale Lucius Clay, l’eroe del ponte aereo di tredici anni prima. Clay si era abituato ad aggirare i blocchi sovietici dall’alto e si presentò a Steinstücken in elicottero: per tranquillizzare gli abitanti lasciò lì i tre soldati e il loro capitano, portando la popolazione a 184 anime. L’elicottero diventò, per altri dieci anni, l’unico mezzo di trasporto che collegava l’exclave a Berlino Ovest: venne realizzato un piazzale per l’atterraggio e oggi un elicottero-monumento ricorda i tempi in cui nessun berlinese occidentale poteva arrivare a Steinstücken: nessun amico, nessun parente, solo medici, artigiani per le riparazioni alle case e pompieri per le emergenze, tutti in elicottero.

La soluzione arrivò in due tempi. Il primo, undici anni dopo, nel 1971, sull’onda del rilassamento prodotto dall’Ostpolitik di Willy Brandt che portò ai primi accordi fra le quattro potenze che amministravano Berlino: si stabilì di riconnettere l’exclave al settore ovest, attraverso un corridoio lungo un chilometro e largo venti metri, stretto fra due lunghe barriere di cemento. Il Muro di Berlino ebbe così il suo ultimo prolungamento. Il secondo, diciotto anni dopo, nella notte del 9 novembre 1989, quando il Muro cadde e Steinstücken venne liberata per sempre, verso ovest e verso est.

La strada che si percorre adesso è la stessa che venne costruita nel 1971. È la Bernhard-Beyer-Straße ma è difficile immaginarla chiusa dal chilometro di Muro che le scorreva attorno. Oggi è tutto libero, la vista è limitata solo dalla barriera verde della foresta, si arriva nell’ex enclave e si può tranquillamente piegare a sinistra e a destra, tornare a Berlino per un’altra via o infilarsi a sud verso Babelsberg o a ovest verso Potsdam. Fa un certo effetto, anche se non c’è nessuno. Nei primi mesi del 1972 molti curiosi e turisti si ingolfavano lungo questa stretta carreggiata per riscoprire, come antropologi improvvisati, la popolazione che era vissuta isolata per vent’anni. Oggi questa storia è quasi dimenticata e i turisti del Muro girano al largo.

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