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L’Europa non è “in” declino: è “il” declino. Ecco cosa ci vuole dire Trump

Trump avverte che “L’Europa rischia la cancellazione della sua civiltà”. In effetti, il declino del Vecchio continente è palese e consustanziale alla sua stessa identità, incline all’autocritica e inadatta all’attualità. Il corsivo di Battista Falconi.

La Casa Bianca pubblica il documento sulla sicurezza nazionale, dove chiede che la guida della NATO passi all’UE e sposta sempre più l’interesse verso l’Indo-Pacifico, dove intanto Xi Jinping schiera decine di navi da guerra mentre accoglie Macron. Donald Trump avverte che “L’Europa rischia la cancellazione della sua civiltà”.

Lo stupore e lo sgomento di molti commenti è una perfetta conferma della battuta trumpiana. Parliamo spesso di Occidente in modo generico ma l’asse atlantico si è indebolito in modo inevitabile, considerato che nell’attuale conformazione risponde al secondo dopoguerra del secolo scorso, 80 anni fa, e nelle sue premesse rimanda a processi migratori addirittura più remoti. Per non parlare della generalizzazione per la quale, in quest’Occidente allargato, inseriamo Giappone o Australia.

Concentriamoci quindi sull’Europa e ribadiamo che l’evidente “declino” è palese e consustanziale alla sua stessa identità, incline all’autocritica, inadatta all’attualità e forte invece sui tempi lunghi, anche questa cosa stranota. Il nostro modo di pensare e vivere si caratterizza per profondità e sensibilità, coglie ed esprime il reale meglio di altri, verrebbe da dire senza remore. La filosofia greca, il diritto romano, i valori cristiani, l’arte sono valori e patrimoni sedimentati in secoli, progressivamente ma lentamente, a ritmi incompatibili con l’accelerazione tecno-scientifica che infatti vede dominare altri: nordamericani, asiatici, oceanici…

Vale in sostanza per l’atlantismo ciò che vale per la democrazia, di cui lamentiamo la crisi con un tormentone nostalgico che ignora il dato storico, la vetustà delle istituzioni liberali, la necessità di aggiornarle a tempi che richiedono analisi e interventi più celeri.

L’Europa non è “in” declino, è “il” declino. Lo rappresenta, lo incarna neofobicamente. Spengler con il suo “Tramonto” docet. Queste elucubrazioni astratte, alte, intellettualistiche sono al fondo del progressivo divario che distanzia il Vecchio Continente (vecchio davvero, il dato demografico è indicativo) dai pezzi di mondo che vanno avanti veloci. Vedi le armi e la difesa, Trump e la notizia che il dipartimento di Stato Usa ha approvato la vendita all’Italia di missili per oltre trecento milioni di dollari. “L’Europa deve difendersi da sola” dice Meloni con la consueta semplicità, però comprando armi americane.

Ma di esempi ce ne sono tanti altri, soprattutto l’intelligenza artificiale, il digitale, i new media, l’hi tech, le reti, tutto il mondo nuovo ormai da qualche decennio, per dirla alla Huxley, che cresce ed evolve lontano da noi. In questo caso, vedi Netflix che acquisisce Warner Bros per 83 miliardi di dollari, ridisegnando Hollywood. E poi c’è il mondo della finanza e delle criptovalute, con i rally delle borse, le bolle e i crolli, oggi per Bitcoin e Tether declassata a “junk” da S&P.

Acceleratissime queste dinamiche, scleroticamente lente le nostre reazioni. Ci attardiamo a inscenare polemiche e proteste contro una casa editrice accusata di simpatie neofasciste. Il Censis è allarmato: la spesa per smartphone e traffico dati cresce (+723% in 20 anni), cala quella per cultura, libri e giornali. Che novità, da quanti anni lo stiamo dicendo? L’ultimo Rapporto ci avverte anche sulla disillusione verso la politica e sul ceto medio in “stato febbrile: nella stagnazione, in una condizione di grave affanno” che “rischia di perdere lo status socio-economico faticosamente conquistato nel tempo”. Si stava meglio quando si stava peggio, deja vu. Il PIL italiano cresceva del 41,6% negli anni ’70, del 25% negli anni ’80, del 17,9% Istat nel 2026 stima +0,8%, solo grazie al PNRR.

Ma Treccani sceglie “fiducia” come parola dell’anno.

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