La morte di Mubarak fornisce lo spunto su alcuni aspetti geopolitici che caratterizzano l’Egitto e lo differenziano profondamente dalle democrazie occidentali.
Nonostante il caso Regeni il nostro governo a partire dal 2018 ha certamente incrementato i rapporti bilaterali con l’Egitto. È infatti fondamentale per l’Italia consolidare i rapporti di partnership con il Cairo sia per quanto riguarda la questione libica, sia per quanto riguarda il controllo dei flussi migratori – e quindi le possibili implicazioni nel contesto del terrorismo islamico – sia nel contesto della partnership energetica (si fa riferimento al nuovo giacimento di gas nel Mediterraneo al largo della costa del Sinai denominato Nour) sia infine alle centinaia di imprese italiane presenti sul territorio egiziano. Proprio per questa ragione, come indicato in un articolo precedente, diventa indispensabile per l’Italia porre in essere tutte le strategie necessarie per concludere gli accordi con Fincantieri e quelli in cantiere con Leonardo.
Veniamo adesso alla questione dei diritti umani. L’Egitto moderno è molto lontano fin dai tempi di Nasser dal potere essere definito un Paese a regime democratico (tanto quanto la Libia gheddaffiana, i paesi arabi, la Cina e la Russia) ma in quanto Paese sovrano ha il diritto di gestire la sua politica interna ed estera secondo i criteri che ritiene più adeguati.
A tale proposito pensiamo alle norme che sono state introdotte nel maggio del 2017 in base alle quali il modus operandi delle Ong viene sottoposto a limitazioni molto profonde. Infatti secondo questa normativa le Ong hanno bisogno di uno specifico permesso da parte dello Stato egiziano; autorizzazione che può essere rilasciata soltanto dalla autorità nazionale per la regolamentazione delle Ong straniere costituito dai rappresentanti della intelligence egiziana, dal ministero degli Interni e del mistero della Difesa. Una legge per certi versi analoga è quella approvata nel luglio del 2018 dal Parlamento egiziano secondo la quale le autorità statali hanno il potere di monitorare e bloccare gli account social se le autorità individuano in esse contenuti che sono giudicati pericolosi per la sicurezza nazionale o più semplicemente lesivi per l’autorità politica del Cairo.
Un’altra particolarità di natura strettamente politica che emerge da una lettura storica e non ideologica dell’Egitto moderno è certamente il ruolo che il potere militare ha rivestito – e riveste tutt’oggi – nell’equilibrio del potere. Non dimentichiamo per esempio, che la stragrande maggioranza dei presidenti egiziani proviene dalle forze armate almeno dal 1952. Un aspetto strettamente collegato alla dimensione militare è certamente il ruolo giocato sia dal servizio segreto di intelligence che dall’intelligence militare, due apparati che hanno svolto – e svolgono – un ruolo importante sia per la stabilità del potere politico sia per la sua eventuale destabilizzazione.
A questo proposito non va dimenticato infatti che l’attuale presidente egiziano ha fatto di tutto per indebolire il servizio generale di intelligence rafforzando quello militare dal quale proviene. Da un punto di vista squisitamente economico inoltre i militari hanno ricoperto – e ricoprono – un ruolo fondamentale come dimostra il fatto che le forze armate controllano buona parte dell’economia soprattutto nel settore delle infrastrutture, dell’industria pesante, dei trasporti ecc. Nello specifico l’organismo attraverso il quale le forze armate condizionano l’economia egiziana è il National Service Products Organization.
Un altro aspetto che deve essere considerato quando si studia l’Egitto da un punto di vista geopolitico è il problema della sicurezza che è strettamente legato naturalmente alla dimensione del terrorismo. Stiamo alludendo alla fratellanza musulmana e alle sue numerose ramificazioni.