A Star is Born. “È nata una stella”. Così Donald Trump ricordava il contributo di Elon Musk, di Elon, nella sera della sua vittoria elettorale. Una citazione che non nasceva sotto una buona stella. C’è una semplice verità espressa da tutti i rifacimenti del film “A Star is Born” del 1937, tra cui il più recente del 2018, con la stupenda interpretazione musicale di Lady Gaga: il protagonista si suicida. Trump ama dire, anche nei momenti più inaspettati, che si sta facendo “grande televisione”. Nel caso Musk-Trump, si è fatto grande cinema, in coerenza con la storia di un secolo degli Stati Uniti.
In pochi mesi, sono state prodotte un’infinità di copertine su Elon Musk come vero presidente degli Stati Uniti, sono usciti una miriade di libri incentrati su di lui, c’è anche l’ottimo podcast “Elon Inc.” di Bloomberg, di cui sono consumatore, che ha dovuto realizzare puntate di emergenza per cercare di inseguire l’evoluzione del dramma.
Il divorzio tra due celebrità come Musk e Trump, capaci di scatti d’ira e di tirate infinite sui social media e in video, non poteva limitarsi all’ipocrita dichiarazione di “missione compiuta”. Abbiamo già assistito al rinfacciarsi reciproco di qualunque cosa, compresi retweet di dichiarazioni di 12-13 anni prima. Continueranno ad esserci “grande televisione” e “grande cinema”, almeno per un po’. Ognuno avrà una certa porzione di materiale per ricattare l’altro, fino al momento in cui smetteranno.
Per capire quello che è accaduto ora bisogna ricordare che Trump, durante la loro luna di miele, ha avuto buon gioco a sottolineare sempre e in ogni occasione la generosità di Musk, che l’ha aiutato senza chiedere niente, senza mai parlare degli interessi di Tesla. Trump ha ripetuto con forza apposta questi concetti nella cerimonia con una Tesla fiammante alla Casa Bianca l’11 marzo.
Tutto ciò veniva sottolineato ed enfatizzato proprio per essere utilizzato come un’arma. Nel loro scontro, è naturale che Trump abbia rovesciato subito questa posizione. Si trattava, a livello tattico, di un chiaro avvertimento: quando i loro destini si sarebbero separati, Trump avrebbe subito cominciato a parlare di soldi.
Nella dinamica di questo suicidio, cosa è vivo e cosa è morto di Elon Musk?
Chiaramente, DOGE è morto. Tanti manager e consulenti hanno provato a cambiare la burocrazia degli Stati Uniti, a “reinventare il governo” e balle varie, e Musk ha fatto la fine di tutti gli altri, di tutti quelli di cui abbiamo dimenticato nomi e cognomi. La possibilità che un cagnolino-meme sconfigga un sistema istituzionale, calcificato nel corso del tempo, è vicina a zero. Musk, con la sua ansia di visibilità, si è intrufolato in cose che né lui né i suoi collaboratori capivano. Nessuno di loro aveva studiato con Sabino Cassese. Nessuno di loro aveva l’attitudine di una personalità come Scott Bessent, che in una delle sue prime interviste da Segretario al Tesoro, mentre con la falsità di cui sono capaci i veri politici tesseva le lodi di Musk e del suo progetto, allo stesso tempo si emozionava per il fatto che circa il 40% del suo tempo era dedicato a questioni di sicurezza nazionale: il segno della capacità di saper nuotare come un pesce in un sistema burocratico. Inoltre, Musk, avendo interessi nell’organizzazione del sistema federale (agenzie, autorizzazioni, permessi), sarebbe stato comunque ricattabile, e solo alla fine ha voluto fare la mossa con cui dire “nessun credito fiscale, né per me né per nessun altro”.
Musk, per profilo psicologico, è una figura meno capace di stare al mondo del suo “gemello diverso” Thiel, che senza fare tanto casino col suo sostegno a Trump ha ottenuto la quotazione di Palantir nel 2020, poi la centralità della stessa azienda nel sistema statunitense cinque anni dopo, insieme a J.D. Vance vicepresidente degli Stati Uniti e figure di primo piano come David Sacks o Jacob Helberg che fanno da ultimo parte del sistema di Thiel e non di quello di Musk. Comunque, nemmeno Thiel aveva cambiato nulla della burocrazia statunitense, per esempio la FDA durante la prima amministrazione Trump.
La “politica” di Musk è viva o morta? La possibilità che Elon Musk costruisca un suo “partito” in grado di guidare gli Stati Uniti verso Marte è, per usare un eufemismo, scarsa. Gli esperimenti di un terzo partito dovute a figure molto diverse come Theodore Roosevelt e Ross Perot partivano da una reale consapevolezza e comprensione di alcuni elementi prettamente politici, nel popolo degli Stati Uniti, e Musk è privo di queste capacità. Ha i soldi e la volontà infinita di buttarsi nella mischia, fare casino e attirare la nostra attenzione e sopravvalutazione. Questo non basta per ottenere risultati in proprio, ma solo per influenzare – come una scheggia impazzita, non con criterio – e soprattutto essere influenzato, o più precisamente utilizzato dagli altri.
Le aziende di Musk sono vive, ma con una situazione profondamente diversa.
Tesla non deve vedersela solo con le scelte dei consumatori, che con numeri significativi si sono allontanati dall’azienda per protestare contro il personaggio Musk. Il vero punto è che deve affrontare BYD e altre protagoniste della formidabile ascesa automobilistica cinese. Tesla e Musk spostano la frontiera sempre più in là. Vogliono essere valutati come società di intelligenza artificiale e come protagonisti della robotica umanoide. Ma i loro risultati saranno scrutinati dal mercato (quanti robot saranno veramente prodotti e venduti) e nella competizione sulla robotica emergeranno nuove aziende cinesi. La filiera elettronica e manifatturiera cinese è, nel complesso, molto più forte di Tesla.
Il caso di SpaceX rimane radicalmente diverso. L’azienda ha un enorme vantaggio competitivo su chiunque altro, la sua espansione in Texas in tutta la filiera industriale dello spazio è andata avanti, le sue città vengono erette, la sua connessione con lo Stato profondo statunitense è essenziale. È ovvio che essere così dipendenti da SpaceX rappresenti una vulnerabilità per gli apparati statunitensi, ma i tentativi di ridurre la dipendenza da SpaceX non hanno portato a risultati dignitosi. Si continuerà a provare con vari candidati, di cui Jeff Bezos è il più solido, perché ha un’altra fonte di profitti da investire e perché c’è nel suo DNA una stretta collaborazione col mondo della difesa e della sicurezza degli Stati Uniti. Ma la costellazione già in opera è, di nuovo, un’enorme barriera. Anche SpaceX ha qualche rischio, in ogni caso. In primo luogo, il ruolo della presidente e direttrice operativa Gwynne Shotwell appare attualmente indispensabile. In secondo luogo, i risultati tecnici su Starship in grado di accompagnare un’ulteriore fase di crescita devono ancora arrivare. Si tratta comunque di un’azienda formidabile. Musk dovrebbe compiere ancora molti passi autodistruttivi per perdere questo gioiello. Chissà.
In ogni caso, l’intellettuale più influente della politica mondiale, Wang Huning, potrà commentare con divertimento tutte queste scene con Xi Jinping. Io lo immagino mentre cita il suo libro più famoso e dice al leader cinese: “America contro America, Musk contro Musk”.