Il fine settimana elettorale in Europa centrale ha segnato nel complesso una ripresa delle forze euroscettiche. Dal ballottaggio in Slovacchia per eleggere il nuovo presidente alla tornata amministrativa in Polonia, i candidati e partiti usciti vincenti dalle urne fanno riferimento principalmente a formazioni che mantengono un rapporto conflittuale con Bruxelles, sebbene il voto polacco si presti a un’analisi più articolata. Alla vigilia del voto europeo è comunque un dato da tenere in considerazione.
A livello nazionale i partiti premiati nelle urne appartengono a famiglie politiche differenti. In Slovacchia il candidato vincitore delle presidenziali, Peter Pellegrini, è un socialdemocratico, mentre in Polonia il partito più votato è stato il nazional-conservatore Pis, alleato in Europa con Fratelli d’Italia. Le due formazioni hanno in comune un deciso tratto di scetticismo nei confronti dell’Unione europea, ma le assonanze si fermano sulla soglia della politica estera e soprattutto del rapporto con Mosca.
IN SLOVACCHIA SI CHIUDE IL CERCHIO DELLA SINISTRA POPULISTA
In Slovacchia il vincitore è dunque Peter Pellegrini. Lascia il seggio di presidente del parlamento, ottenuto qualche mese fa dopo le ultime elezioni, come premio per il ritrovato appoggio al premier Robert Fico. La sua vittoria non è una sorpresa, ma la conferma di una svolta politica iniziata proprio con il ritorno al potere del campione della sinistra populista Fico.
Il legame tra i due politici è la cronaca di una sorta di odio-amore. Pellegrini fu vice di Fico nel governo che nel 2018 si concluse per le conseguenze dell’assassinio del giornalista Jan Kuciak. Subentro proprio al premier dimissionario, guidando un nuovo governo sino alla conclusione della legislatura. Quindi si sfilò dal comune partito Smer per fondare una sua forza politica socialdemocratica (Hlas), con la quale tre anni dopo è arrivato terzo alle ultime elezioni, diventando l’ago della bilancia dei nuovi equilibri. Ruolo che ha saputo sfruttare alle perfezione, riannodando i rapporti con Fico e strappandogli prima il posto di presidente del parlamento (che aveva già ricoperto in passato), poi quello di candidato dell’area progressista alle presidenziali.
I due sono stati divisi anche dalla reazione all’attacco russo all’Ucraina. Fico ha da subito sposato una linea “orbaniana”, scettica sul sostegno incondizionato a Kiev e ammiccante verso Putin, criticando le sanzioni europee contro Mosca. Pellegrini aveva invece condiviso la posizione occidentale, appoggiando le sanzioni Ue e il sostegno militare a Kiev. Con il riavvicinamento fra i due e l’ingresso del suo partito nel nuovo governo, Pellegrini ha ammorbidito le sue posizioni sul conflitto prima glissando sul tema dei rifornimenti di armi all’Ucraina, sostenendo che la Slovacchia aveva già dato tutto quello che poteva, poi auspicando più esplicitamente la loro interruzione.
Nella campagna elettorale che lo ha visto prevalere sull’ex ministro degli Esteri Ivan Korcok, Pellegrini ha accentuato il dissenso dalla posizione dell’Ue e della Nato, sostenendo l’opportunità di una pace possibile con la Russia e puntando sulla diffusa stanchezza degli slovacchi per la guerra vicina. La sua vittoria, dopo quella di Fico dello scorso autunno, allinea le due principali cariche dello Stato slovacco su una posizione di rottura rispetto alle politiche europee e consolida l’alleanza di fatto con Viktor Orban in Ungheria.
TUSK VINCE A VARSAVIA MA NON SFONDA NELLE CAMPAGNE
Chi a Varsavia aveva dato per consolidata una svolta politica dopo la sconfitta elettorale del partito nazional-conservatore Giustizia e libertà (Pis) dovrà fare i conti con un quadro molto più complesso. In realtà anche questo voto amministrativo (29 milioni di polacchi chiamati alle urne) ha sostanzialmente confermato il quadro emerso con le elezioni nazionali dello scorso autunno. Pis era e resta il primo partito, forte nelle aree rurali, mentre la Coalizione civica guidata dall’attuale premier Donald Tusk si conferma leader nelle grandi città. Da un punto di vista numerico, i nazional-conservatori hanno raggiunto il 34%, Coalizione civica il 32, un distacco che si è in verità assottigliato rispetto al voto di ottobre 2023, per quanto i confronti siano azzardati data la diversità di elezioni, amministrative e politiche.
Ma quel che è evidentemente mancato è stato l’effetto di trascinamento del nuovo governo, mentre il Pis tornato a essere occupato principalmente dal volto di Jaroslaw Kaczynski tiene nonostante il passaggio all’opposizione.
Tusk si può consolare con le conferme al primo turno dei sindaci uscenti di Varsavia, Rafal Trzaskowski, e di Danzica, Alexandra Dulkiewicz, rieletti rispettivamente con il 60 e il 62%. Le altre grandi città, dove la sua Piattaforma Civica è comunque in vantaggio, vanno al ballottaggio: tra esse Cracovia e Wroclaw.
La vittoria di Trzaskowski, in prospettiva, è un segnale propizio: potrebbe essere lui, ancora una volta, il candidato di Tusk alla presidenza della Repubblica il prossimo anno, obiettivo che mancò per una manciata di voti nelle precedenti elezioni. Di sicuro il partito del premier può essere contento del fatto di esser tornato a essere competitivo dopo anni di relativo appannamento. Ma per vincere le presidenziali e consolidare la svolta dello scorso autunno sarà necessario strappare agli avversari una parte del consenso nelle campagne e tornare a mobilitare i giovani, la componente che in queste elezioni – secondo i primi dati sui flussi elettorali – è rimasta piuttosto indifferente.